venerdì 29 dicembre 2023

I 4 Elementi e gli Elementali

 

I 4 elementi e gli Elementali

Il respiro della natura intorno a noi

27 DICEMBRE 2023, 
Natura, spirito, materia. Lo Spirito e la materia sono i due poli di una stessa sostanza, necessitano di un mezzo d’unione per lo scambio di energia. Gli Elementali sono i mezzi attraverso cui si esercitano tutti gli sforzi spirituali dell’uomo sulla Natura e nulla può essere fatto senza il loro intervento
Natura, spirito, materia. Lo Spirito e la materia sono i due poli di una stessa sostanza, necessitano di un mezzo d’unione per lo scambio di energia. Gli Elementali sono i mezzi attraverso cui si esercitano tutti gli sforzi spirituali dell’uomo sulla Natura e nulla può essere fatto senza il loro intervento

Non c’è una cosa al mondo, non la minima erba, a cui non sia preposto uno spirito.

Yalqùt Chadàsh (testo cabalistico)

Secondo l’alchimia gli elementi nascono dallo spazio, dall’etere o quintessenza: il lapis philosophorum è il risultato della sintesi di due realtà contrapposte, quali il mercurio, associato all'aspetto passivo dell'etere, e lo zolfo, associato al lato attivo e solare dell'intelletto.

Gli alchimisti considerano l'etere come il composto principale della pietra filosofale, che funge da matrice o materia prima degli altri elementi intesi come precipitazioni di qualità presenti simultaneamente nell’etere.

Per le antiche tradizioni sia orientali che occidentali i primi elementi che appaiono sono fuoco, aria e acqua che, combinati tra loro con percentuali variabili, formano la terra. Il Fuoco e l’Aria vengono chiamati elementi superiori e agiscono sugli elementi inferiori Acqua e Terra per innalzarli, al contempo gli elementi inferiori agiscono su quelli superiori cercando di abbassarli, una dinamica ascensionale e discensionale perenne.

Nel testo sacro hindū Viṣṇu Purāṇa, gli elementi sono così raggruppati: «Il più puro è l’Etere e ha solo una proprietà, il suono. Il successivo è l’Aria che al suono aggiunge il tatto; il successivo è il Fuoco, che al suono e al tatto aggiunge il colore; il successivo è l’Acqua, che ai tre precedenti ne aggiunge un quarto, il gusto; l’ultimo è la Terra, che a tutti i precedenti aggiunge l’odore, risultando quindi in possesso di cinque proprietà».

I 4 elementi sono connessi al corpo umano: la terra alle ossa, allo stomaco e alla milza; l’aria ai polmoni e all’intestino; l’acqua ai liquidi interni; il sangue al fuoco e infine l’etere è connesso al cuore e alle cavità tra gli organi.

Ogni elemento rappresenta un mondo a sé, abitato da enti, da esseri viventi che hanno una coscienza e una struttura gerarchica organizzata con dei compiti specifici, in relazione dinamica al loro interno e insieme formano l’Anima del Mondo.

Nei sistemi filosofici del pitagorismo, del platonismo, e del neoplatonismo, ogni aspetto dell'universo è inteso come un'irradiazione dell'Anima del tutto, vitalizzato da energie e forze celate nell'oscurità della materia.

Durante il periodo rinascimentale, in cui prosperò l'alchimia e la visione magica ed esoterica della natura, Paracelso (1494-1541) scrisse il primo trattato sugli spiriti elementali, responsabili di ogni legge e avvenimento di natura descrivendoli così:

«Questi esseri, benché abbiano apparenza umana, non discendono affatto da Adamo; hanno un'origine del tutto differente da quella degli uomini e da quella degli animali... Però si accoppiano con l'uomo, e da questa unione nascono individui di razza umana. Tutti gli elementi hanno un’anima e sono vivi. Gli abitanti degli elementi sono denominati Saganes (Saganae), cioè elementi. Non sono inferiori agli uomini. Si distinguono dagli uomini per non avere un’anima immortale. Sono i poteri della natura, cioè sono coloro che fanno quello che di solito è attribuito alla Natura. Possiamo chiamarli esseri viventi, ma non sono della stirpe di Adamo. Mangiano e bevono quelle sostanze che nel loro elemento fungono di cibo e bevanda. Sono vestiti, si sposano e si moltiplicano. Essi non possono essere incarcerati, e muoiono come gli animali, che non hanno anima».

Gli elementali, secondo la teosofa e saggista Helena Blavatsky, «dimorano nell'etere e possono maneggiare e dirigere la materia eterica per produrre effetti fisici, con la stessa facilità con cui l'uomo può comprimere dell'aria con un apparecchio pneumatico». Essi, comprimendo la materia sottile o invisibile e modellandola, secondo le forme-pensiero di spiriti superiori, creano la materia grezza, visibile.

Gli elementali sorvegliano la porta d’ingresso all’elemento che vigilano, ogni elementale ha un suo colore, simbolo, punto cardinale d’invocazione e un proprio governante.

Elementali del fuoco: Salamandre, simbolo alchemico della Rubedo o Opera al Rosso, sono le più potenti di tutti gli elementali, vivono nei deserti e nei pressi dei vulcani attivi. Il colore associato è il rosso, il simbolo è il leone e il Sud è il loro punto cardinale d’invocazione. Il loro strumento di comando è la bacchetta o il tridente.

Elementali dell’aria: Silfidi o Elfi, esseri evanescenti ed ingannevoli che vivono in ambienti ventosi come pianure e montagne e si spostano seguendo le correnti d’aria. Colore celeste/giallo, simbolo aquila, punto cardinale Est, strumento di comando il pentacolo.

Elementali dell’acqua: Ondine o Ninfe, spiriti dall’aspetto bellissimo, dallo sguardo e canto ammalianti ma che possono essere spietate con chi distrugge il loro ambiente. Colore azzurro, simbolo acquario, punto cardinale Ovest, strumento di comando coppa di libagioni.

Elementali della terra: Gnomi, piccole creature che vivono nei boschi, nelle grotte e sono grandi conoscitori dei minerali, del regno sotterraneo e delle proprietà delle erbe. Le driadi sono fanciulle bellissime che vivono sugli alberi (solitamente noci o querce). La vita di queste creature è legata all'albero di cui sono custodi e se l'albero muore o viene tagliato, esse seguono la sua sorte e scagliano un'orrenda maledizione o sopravvivono e si vendicano. Colore marrone/verde, simbolo toro, punto cardinale Nord, strumento di comando spada.

Gli spiriti elementari sono presenti e imprigionati dentro la materia. Secondo Rudolf Steiner «Durante tutta la sua vita l'uomo assorbe in sé, dal mondo esterno, spiriti elementari. In quanto si limita a guardare gli oggetti esterni, lascia semplicemente entrare in sé gli spiriti senza mutarli; se cerca invece di elaborare le cose del mondo esterno nel suo spirito, per mezzo di idee, concetti, sentimenti di bellezza e così via, egli salva e libera quegli spiriti elementari».

L’atteggiamento irrispettoso dell’uomo che, in preda ad un delirio di onnipotenza, crede di essere il dominatore del mondo devastando la natura è non solo stupido perché compromette la sua stessa vita in questo pianeta ma anche folle perché non si rende conto degli effetti delle sue azioni, del debito che accumula nei confronti degli elementali. Proprio per il fatto che gli enti hanno una mente collettiva la loro ira si scaglia su tutti gli uomini indifferenziatamente, provocando terremoti, tornadi, eruzioni vulcaniche e tanto altro. Gli animali invece sono legatissimi alle entità sottili che non li perseguitano.

Inoltre, gli elementali gestiscono il processo della morte che avviene con il disfacimento del corpo, con la separazione degli elementi che lo compongono, sono i primi che incontreremo passata la soglia e con i quali dovremo confrontarci.

Nella tradizione ermetica durante l’agonia del morente si pregano gli elementali, così come nel sistema tibetano si pratica una meditazione rivolta agli elementali atta a liberare la coscienza dal corpo e facilitarne il trapasso nell’oltre.

Nella nostra vita quotidiana siamo costantemente in relazione con gli elementi e con gli elementali ed avere un approccio gentile e rispettoso con essi produce un effetto benefico su tutte le sfere della nostra vita.

Ad esempio, quando si mangia sarebbe utile recitare dei mantra degli elementi come ‘Ram Iam Cam’; Ram-fuoco, Iam-aria e Cam-acqua, visualizzando il rosso del fuoco, il verde dell’aria e il blu dell’acqua.

L’atto di accendere una candela richiama e mette in azione i 4 elementi; il corpo di cera rappresenta la terra, la fiamma rappresenta il fuoco, il vapore della cera è l’aria, la cera fusa è l’acqua. Una pratica rituale è quella di pronunciare ‘in fiat lux’ all’accensione della candela, lo spegnimento non dovrebbe avvenire col soffio ma con le dita umide o con un utensile di metallo, accompagnato da un ringraziamento agli spiriti del fuoco.

Lo Spirito e la materia sono i due poli di una stessa sostanza, necessitano di un mezzo d’unione per lo scambio di energia. Gli Elementali sono i mezzi attraverso cui si esercitano tutti gli sforzi spirituali dell’uomo sulla Natura e nulla può essere fatto senza il loro intervento.

giovedì 21 dicembre 2023

MEDITAZIONE EGIZIA DEI 4 ELEMENTI: ARIA, TERRA, FUOCO E ACQUA

 https://www.youtube.com/watch?v=ESL9GF2sofY


LA POSIZIONE DA ASSUMERE PER QUESTA MEDITAZIONE E' QUELLA DA SEDUTI CON LE MANI SULLE GINOCCHIA E SCHIENA DRITTA. FOCALIZZARE L'ATTENZIONE SUL PUNTO TRA LE SOPRACCIGLIA E VISUALIZZARE L'OCCHIO DI HORUS.

venerdì 3 novembre 2023

L'archetipo di Lilith - Lo spirito ribelle

 

L’archetipo di Lilith

Lo spirito ribelle

27 OTTOBRE 2023, 
Lilith simbolo di libertà spirituale. Lilith si ribella al tentativo di sopraffazione di Adam, non vuole sottomettersi perché si considera alla pari, letto in termini simbolici Adam è la materia che cerca di sottomettere ciò che è spirituale in virtù del fatto che ha un corpo, un peso
Lilith simbolo di libertà spirituale. Lilith si ribella al tentativo di sopraffazione di Adam, non vuole sottomettersi perché si considera alla pari, letto in termini simbolici Adam è la materia che cerca di sottomettere ciò che è spirituale in virtù del fatto che ha un corpo, un peso

Prima di affrontare l’archetipo di Lilith ritengo necessario fare una premessa. La psiche è un ente metafisico popolato dagli archetipi, ovvero da immagini simboliche che sintetizzano e trasmettono significati e quindi conoscenza, sono le forme originarie che affollano l’inconscio collettivo degli esseri umani.

Tutti i testi antichi, sumerici, assiro-babilonesi, i testi egizi delle piramidi, i veda indiani, i miti greci, per citarne alcuni, parlano di archetipi della psiche e del confronto tra l’essere umano e il mondo dello spirito. Lo spirito, da spiritus - soffio, respiro -, è la dimensione irrazionale, misteriosa che l’essere umano intuisce presente e viva nella sua interiorità, ne è sia attratto che impaurito, tuttavia sente che il confronto con essa è essenziale come l’atto del respirare. È il numinoso, da numen - spirito -, con il quale l’Ego, inteso come formazione psichica che rafforza la sensazione di individualità, deve fare i conti. Ecco che gli archetipi sono elementi che appartengono al numinoso e vengono personalizzati per facilitarne la conoscenza.

L’Ego è quell’Io che ha consapevolezza di esistere, distinto dagli altri nel mondo, che usa il raziocinio, la logica, è l’identità, ma diventa un ostacolo all’evoluzione dell’uomo se assume il ruolo principale nella relazione con il mondo. La condizione necessaria per comprendere che la realtà è unica e che la separazione tra Io e non/Io è illusoria è proprio la liberazione dall’Io, dalla personalità. Quindi più si rafforza l’Io più si allontana il Sé, ciò che la sapienza induista chiama atman e che ‘è dentro il mio cuore, è più piccolo di un seme di senape e tuttavia più grande dello spazio, del cielo e della Terra’. Si potrebbe dire che l’Ego e il Sé rappresentano il conscio e l’inconscio, entrambi vivono nella psiche.

La cultura occidentale moderna ha rimosso la sapienza antica e i suoi contenuti che sono invece basilari per trascendere la realtà fisica nel percorso esistenziale. Sarebbe necessario, a mio parere, che i testi antichi fossero insegnati a scuola, per offrire ai futuri adulti degli strumenti per relazionarsi con il numinoso, poiché la vera conoscenza deriva da questo perenne confronto. Contrariamente all’uomo antico che era consapevole dell’illusione separativa, che concepiva se stesso come distinto ma non separato dal tutto, dalla natura, l’uomo moderno è essenzialmente ego-riferito, concentrato sulla sua individualità, sull’immagine corporea, sulla materia priva di spirito.

Detto ciò, possiamo ora concentrarci sull’archetipo di Lilith e comprenderlo in profondità, per farlo però è necessario prima esplorare il mito biblico sulla creazione di Adam, l’archetipo fondamentale per comprendere il concetto di dualità.

L’archetipo della dualità

Adam è l’androgino originario, il collettivo umano, che contiene in sé le due energie, maschile e femminile, è il due nell’uno. Adamo ed Eva sono le metà di ciò che prima era uno, parti distinte ma speculari. L’androgino è stato raffigurato come un essere a due teste, a simboleggiare la dualità nell’unità, le due nature che convivono dentro ogni essere umano: la volontà di potenza, l’azione, l’istinto che deve essere contenuto, controllato, rappresentato dall’energia maschile, e la forza di contenimento rappresentata dall’energia femminile che si fa vaso, il principio femminile è infatti simboleggiato nelle culture antiche dalle forme assimilabili al grembo materno, al calderone, alla caverna, all’uovo cosmogonico.

Uno dei simboli dell’equilibrio tra il principio maschile e quello femminile, tra l’azione e il contenimento è lo Scudo di Davide rappresentato da due triangoli, uno con la punta in alto e uno con la punta in basso. Nel Tao cinese il maschile è yang, il femminile yin, avvolti come in un abbraccio. Ma veniamo a Lilith, finalmente.

Chi è Lilith?

La figura di Lilith nasce in Babilonia circa 4000 anni fa, il termine lilith deriva dal sumero-accadico ‘lil-itu o ardat lili’ - signora dell’aria, del vento. Nella religione mesopotamica è il demone femminile associato alla tempesta, alla disgrazia, alla morte. Ma chi è il demone? Il termine dèmone deriva dal greco dáimōn - essere divino -, un essere che funge da intermediario tra il divino e l’umano, il dáimōn infatti indica l’angelo custode, il genio tutelare inteso come una guida. Nella terminologia cristiana invece il demone è una figura intermedia che influisce negativamente sugli esseri umani, viene associato al demonio, l’entità sovrannaturale malvagia, menzognera, distruttrice che si contrappone a Dio.

Nella Genesi è scritto che il sesto giorno Dio, prima di creare l’uomo, creò tre specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie, ma la tradizione ebraica indica anche una quarta specie ovvero i demoni di cui creò l’anima ma non il corpo perché si stava per entrare nel sabato e Dio non poteva più creare nulla; il demone è il senza corpo, l’anima immateriale.

Lilith viene rappresentata nel Rilievo Burney, un altorilievo di terracotta risalente al II millennio a.C. e di probabile fattura paleobabilonese, come una bellissima donna nuda provvista di ali, con i piedi a forma di artiglio e con i capelli raccolti sotto un copricapo sormontato dalle corna. Molti studiosi associano questa rappresentazione ad Inanna, la dea sumera della fecondità, della bellezza e dell’energia erotica, pur tuttavia la presenza delle ali, degli artigli e dei gufi richiama il simbolismo proprio di Lilith. Infatti, nel libro di Isaia, capitolo 34:1-14, è scritto: «Bestie selvatiche si incontreranno con iene, i sàtiri si chiameranno l'un l'altro, là si poserà anche Lilit e vi troverà tranquilla dimora». Lilith, dall’ebraico lilit - laylah - notte -, viene quindi associata agli animali notturni come il gufo e la civetta, sotto i suoi piedi giacciono due leoni e due gufi.

Anche nel Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo, Lilith è raffigurata come una splendida donna, alata e dai lunghi capelli, richiamando perfettamente la descrizione presente nell’Epopea di Gilgamesh, dove Lilith compare quando la divinità babilonese Inanna stava coltivando e curando un salice, l’albero di Huluppu, per farne il suo trono, ma intervennero tre entità che le impedirono di realizzare il suo obiettivo. Una di queste entità era Lilith che viene sconfitta, insieme alle altre due, da Gilgamesh ed esiliata va a vivere nel deserto.

Lilith, Adam ed Eva

Veniamo ora al dilemma in cui è coinvolta Lilith, quello della creazione dell’uomo e della donna nel racconto biblico della Genesi.

Nel capitolo 1:26-28 è scritto: «Poi Dio disse: ‘Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra’. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra’». Si deduce quindi che Dio li abbia creati insieme, ma poi nel secondo capitolo 2:21-22-24 è scritto: «Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Dio il Signore, con la costola che aveva tolta all’uomo, formò una donna e la condusse all’uomo. L’uomo disse: ‘Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo’. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne», indicando così che Dio prima ha creato Adamo, termine che deriva dalla radice della parola ebraica adamà - terra -, e posto nel Gan 'Eden, il Giardino delle delizie. Successivamente, essendosi accorto che la compagnia degli animali non era sufficiente per Adamo, prese una costola dal suo corpo e creò la donna. Ma a quale donna si riferì Adamo quando disse che finalmente quella era la donna giusta? Non certamente a Eva.

Secondo vari studiosi della Bibbia la parola ebraica zelah non significa costola ma metà, il racconto biblico non va inteso letteralmente ma interpretato nel simbolismo che contiene. Nella tradizione ebraica si narra anche che Adam si unì con dei demoni, uno di questi era Lilith con la quale ebbe dei figli, Asmodeo ed altri.

Lo studioso di miti antichi Robert Graves, nel suo libro I miti ebraici, riassumendo scrive che Dio creò Lilith, la prima donna, non con la polvere pura della terra con la quale fece Adamo ma con sedimenti e sudiciume. Si deduce quindi che l’Adam androgino, prima di essere diviso, si accoppiò con un’entità di genere femminile che è anche un demone.

L’Essere sceglie di incarnarsi nell’androgino Adam ma desidera anche di rimanere disincarnato come Lilith, la sua caduta quindi non si completa rimanendo a metà. Interpretandone il significato si potrebbe dire che Lilith rappresenti il desiderio inespresso di Dio. Adam è la materia, Lilith è lo spirito, e si attraggono prepotentemente. Adam aspira allo spirito così come Lilith alla materia, entrambi aspirano a ciò che a loro manca. È questo desiderio l’origine della sofferenza.

Nel Talmud è scritto che Jahvé, il dio della guerra che faceva parte dell’antico pantheon di divinità adorate dagli ebrei ovvero gli Elohim, creò insieme Adamo e Lilith ma lei si rifiutò di sottomettersi ad Adamo anche sessualmente e così volò via dal Paradiso, svanendo. Adamo supplicò Jahvè di riportargliela, così Jahvè inviò tre angeli a cercarla: Senoi, Sensenoi e Samangloph, che la trovarono sulle rive del Mar Rosso mentre si accoppiava lascivamente con dei demoni e partoriva oltre cento figli al giorno chiamati lilim. Lilith si rifiutò di ritornare da Adamo e Jahvè le disse che, se non lo avesse fatto, avrebbe perso cento figli ogni giorno, ma lei rifiutò ancora e gli angeli provarono invano ad annegarla.

Infine le fu concesso di vivere a una condizione: non avrebbe ucciso o fatto del male ai bambini appena nati segnati con uno dei nomi degli angeli. Jahvè la diede in sposa a Samael (Satana) e Lilith divenne la persecutrice dei neonati non segnati. Ma Samael viene successivamente castrato così Lilith riprende ad accoppiarsi con gli uomini durante il loro sonno notturno.

Lilith e le tracce nella coscienza collettiva

In riferimento alla pericolosità di Lilith per le donne incinte e per i bambini, è bene citare la targa murale del XVII secolo a.C. ritrovata in Siria che rappresenta una sorta di esorcismo per tenere lontana Lilith dalle case dove abitava una donna incinta, proprio perché pericolosa per le donne in attesa e i bambini piccoli.

La ribellione di Lilith è raccontata nell’Alfabeto di Ben Sira (II secolo a.C.) che contiene due elenchi, uno in aramaico e uno in ebraico, di 22 proverbi satirici che trattano temi come l’incesto, l’autoerotismo. Nel racconto è scritto: «Ella disse 'Non starò sotto di te,' ed egli disse 'E io non giacerò sotto di te, ma solo sopra. Per te è adatto stare solamente sotto, mentre io sono fatto per stare sopra’». Lilith, furiosa, pronunciò il proibito tetragramma Yahweh ‘yod he vav he’ che le diede il potere di volare, decise così di abbandonare l’Eden diretta sul Mar Rosso, simbolo della sua liberazione anche dalla mortalità, non avendo toccato l’Albero della conoscenza.

Lilith si ribella al tentativo di sopraffazione di Adam, non vuole sottomettersi perché si considera alla pari, letto in termini simbolici Adam è la materia che cerca di sottomettere ciò che è spirituale in virtù del fatto che ha un corpo, un peso. L’amore tra Adam e Lilith è imperfetto, tormentato, è l’amore dannato, è la sofferenza che nasce quando l’uomo desidera altro rispetto alla materia, spinto dal ricordo di ciò che era prima di cadere, è il desiderio dello spirito.

Lilith è il principio spirituale che considera se stesso pari a quello materiale e non vuole esserne sottomesso. L’androgino è in origine completo, rappresenta la psiche umana indivisa, integra, ma sente qualcosa che turba l’equilibrio, avverte la solitudine e vorrebbe compagnia. Ma, mentre la relazione tra Adamo ed Eva funziona perché armonica, non può esserci equilibrio tra Adamo e Lilith perché quest’ultima è anima senza corpo. Eva e Lilith rappresentano le due energie femminili: Eva è il femminino sacro che accoglie e contiene l’energia maschile, mentre Lilith è il femminile ribelle che desidera congiungersi col maschile ma non accetta di piegarsi alla materia.

La psiche conserva nell’inconscio queste due forze, ma mentre Eva è vivente nella coscienza collettiva, Lilith è stata rimossa, degradata a demone maledetto grazie al folklore ebraico-medievale e alla fallocrazia che, per un esigenza di controllo e di potere sul femminile, ha esaltato la passività di Eva; un’immagine di donna che, per il fatto di essere stata generata dal corpo di Adamo, deve esserne quindi sottomessa, obbediente, esclusa da ogni ruolo di potere, con una sessualità ridotta alla pura procreazione.

La figura di Lilith, invece, terrorizza perché la sua energia è incontrollabile e devastante, perciò viene riduttivamente ricondotta al lato cupo della femminilità, alla sessualità dirompente e trasgressiva, è la strega della notte, la donna-demone portatrice di sventure, la seduttrice che tenta e inganna Salomone sotto le vesti della regina di Saba e ne carpisce i segreti della magia per poi sparire. È la Luna Nera, invisibile, è la Nefti egiziana, che simboleggia le parti angoscianti della personalità che devono però emergere affinché non si soccomba alla loro forza distruttiva.

Ma Lilith rappresenta anche la tutela dell’indipendenza, dell’autonomia, dell’autodeterminazione, è il simbolo della ribellione all’autorità. Lilith è nella psiche sia degli uomini che delle donne e li spinge vigorosamente a divenire consapevoli del proprio potere personale. Non stupisce che Lilith sia stata utilizzata dal femminismo come archetipo della volontà di emancipazione della donna.

Nel corso dei secoli, il patriarcato ha esercitato il controllo sulla donna, cercando di reprimerne ogni tentativo di autodeterminazione, sia nella sua ricerca interiore che nel suo corpo, nell’essere padrona della sua sessualità. Ancor oggi, purtroppo, quando la donna, coraggiosamente e con fiducia in se stessa, si ribella ai modelli di pensiero imposti dalla società o dalla famiglia e cerca la propria autonomia intellettuale, fisica e comportamentale, viene appellata spesso come complicata, instabile, oppositiva.

La cultura patriarcale ha prodotto in maniera subdola una certa avversione o repulsione nei confronti delle donne con il conseguente tentativo di degradarle; è la misoginia che, in termini esoterici, è un atteggiamento che nasconde l’obiettivo di impedire all’uomo di realizzare il Rebis alchemico ovvero lo sposalizio sacro di Maschile e Femminile che permette l’unione con Dio. Il Rebis è infatti raffigurato come un Androgino a due teste.

Lilith è viva più che mai, è la spiritualità a cui bramano gli esseri umani per essere liberi, per davvero.

mercoledì 27 settembre 2023

Intervista a Damiano Impiccichè, regista di 'Marrobbio'

 

Intervista a Damiano Impiccichè

Regista del cortometraggio “Marrobbio”

27 SETTEMBRE 2023, 
"Marrobbio", cortometraggio di Damiano Impiccichè. Mario, figlio di una ragazza madre, è un bambino intelligente, solare, amante del mare e delle passeggiate in bici. Durante un bagno nelle acque marsalesi, vive un'esperienza extrasensoriale: vede un bambino di colore, muto, accanto a lui e poi trova sulla riva alcuni pezzetti di legno che successivamente scopre appartenere ad una barca di migranti affondata
"Marrobbio", cortometraggio di Damiano Impiccichè. Mario, figlio di una ragazza madre, è un bambino intelligente, solare, amante del mare e delle passeggiate in bici. Durante un bagno nelle acque marsalesi, vive un'esperienza extrasensoriale: vede un bambino di colore, muto, accanto a lui e poi trova sulla riva alcuni pezzetti di legno che successivamente scopre appartenere ad una barca di migranti affondata

Certi incontri nascono spesso grazie a trame invisibili, in questo caso il gancio è stato un documentario su Salvatore Paladino realizzato dal regista marsalese, fiorentino d’adozione, Damiano Impiccichè, classe 1977. In questo corto il regista, che ha conosciuto personalmente Paladino e che per le sue capacità di guaritore è chiamato ‘l’ultimo degli Esseni’, ne rivela il lato più intimo e umano. Conobbi Paladino molti anni fa e reputo questo documentario come una carezza, un omaggio a un uomo dalla personalità complessa e dalla sapienza antica.

Damiano Impiccichè è innanzitutto un musicista, ha frequentato il Conservatorio di musica di Trapani in chitarra e percussioni, e la conoscenza dell’arte suprema si riflette nella sua visione del mondo come regista, ogni tema centrale della sua produzione cinematografica è come una sinfonia, dai documentari ai video di sensibilizzazione sociale. Nel 2011 nasce la ‘Taliari Produzioni Video’ (taliari in siciliano significa guardare) e in qualità di film editor, film maker e colorist, collabora con vari registi realizzando cortometraggi e documentari. Così nel 2019 realizza un documentario sportivo per una squadra femminile di serie A di Pallamano Flavioni Handball, una storia da raccontare. Sempre dello stesso anno è il documentario sulla commedia teatrale della scrittrice napoletana Vincenza Campopiano dal titolo Dal Cimitero delle Fontanelle: Per grazia ricevuta…, una commedia che naviga tra sogno e realtà.

Nel 2020 è regista di un videoclip dedicato ai magistrati Falcone e Borsellino per il gruppo “Le Anime Note”, aggiudicandosi il premio come miglior videoclip sociale dell’anno 2021 a Roma Videoclip, tenutosi in occasione del Festival del cinema di Roma. Al videoclip partecipano gli attori, Lucia Sardo, Sebastiano Somma, Ivan Franek, Alberto Testone e Sara Ricci.

L’anno successivo, in qualità di direttore della fotografia, film editor e colorist, realizza il cortometraggio Il mio Amico per la regia di Paolo La Rosa, dedicato al cantautore Alessandro Dimito, scomparso prematuramente, e distribuito dalla West 46TH Films nel circuito dei festival nazionali ed internazionali.

Nel 2023 realizza il cortometraggio dal titolo Marrobbio, ambientato a Marsala e finanziato e patrocinato dall’amministrazione comunale locale. Il cortometraggio affronta il dramma dell’immigrazione attraverso gli occhi di un bambino di 11 anni, traendo spunto dal fenomeno ambientale del Marrobbio, ovvero il repentino cambiamento delle correnti marine che si verifica nella parte occidentale della Sicilia e che provoca anche una mutazione del colore dell'acqua, nel cortometraggio simboleggia le numerose vittime in mare. Il progetto, che vede la partecipazione dell'attrice Lucia Sardo e le cui musiche originali sono del marsalese Gino De Vita, è attualmente in distribuzione nei festival cinematografici nazionali ed internazionali con Galè Distribution – Le Chat Noir Production.

Marrobbio ha già riscosso molto successo e vinto numerosi premi: dal Festival Med-Limes. Ai confini del mediterraneo al Festival Cinema Secondo Noi premio Un mondo multietnico, in ultimo ha vinto la IX edizione del Santa Marinella Film Festival come miglior cortometraggio 2023.

Altre selezioni ufficiali ricevute: Siloe Film Festival Poggi del Sasso, Mediterraneo Festival Corto Diamante, South Italy Internatinal Film Festival Barletta, Social World Film Festival Vico Equense, Mostra Internazionale del Cinema di Taranto Taranto, Mottola Short Film Festival Mottola, Festival Corto in Corte Clusone, infine è Opera finalista nell’International Tour Film Festival (ITFF).

Damiano, cosa rappresenta per te il cinema?

Per me il cinema è un’espressione umana unica nel suo genere, poiché riesce a stabilire un contatto diretto con lo spettatore e, allo stesso tempo, a trasportarlo in un mondo diverso. Ho iniziato ad amare il cinema attraverso i film di Massimo Troisi, trovo la sua comicità geniale, spontanea, drammatica ed esilarante, mi piacciono i linguaggi semplici e diretti senza troppi virtuosismi. Amo anche i film di Giuseppe Tornatore, Alberto Sordi, Paolo Virzì, Paolo Sorrentino e Quentin Tarantino.

La tua produzione cinematografica spazia su varie tematiche, cosa ti spinge a diversificare la tua narrazione?

La mia narrazione nasce dalla formazione lavorativa, nel 2010 approdai al mondo del video come operatore camera e montatore video all’interno di un’emittente televisiva, occupandomi di cronaca, sport, politica e format televisivi. Con il passare degli anni ho sentito la necessità di iniziare a raccontare la mia prospettiva realizzando documentari e videoclip musicali come direttore della fotografia, regista, operatore e montatore. Mi sono avvicinato al cinema grazie alla collaborazione con alcuni registi indipendenti che mi hanno trasmesso la bellezza di questo settore.

L’immigrazione è il tema centrale del tuo recente cortometraggio dal titolo Marrobbio, ambientato a Marsala. Penso che la semplicità sia la sintesi della complessità e in questo corto sei riuscito in questa operazione, è stato impegnativo?

Si, è stato molto impegnativo in quanto Marrobbio è stato la mia prima scrittura e la prima direzione, sono una persona semplice e diretta e ho voluto affrontare questo argomento attraverso la prospettiva di un bambino perché nella sua semplicità riesce ad affrontare e a esprimere concetti di inclusione ed accoglienza al di là di colori politici. La vita va difesa a prescindere e non esistono ragioni per venire meno a questa.

Nel cast ci sono Lucia Sardo (nonna Isabella), Chiara Sarcona (mamma Caterina), Matteo Rallo (Mario), Giuseppe Caltagirone (lo zio Pino), Giorgio Ferguson (il ‘bimbo naufrago’) e Willy, un cane marsalese. Guardando il cortometraggio, oltre alle immagini del territorio marsalese dalla bellezza mozzafiato, ho riflettuto sui numerosi simbolismi presenti che comunicano allo spettatore un insegnamento altamente spirituale e ‘umano’. Innanzitutto il protagonista Mario ha 11 anni, nella numerologia 11 è un numero maestro che si riferisce al genio, alla visione superiore della coscienza, all’illuminazione e in effetti Mario possiede proprio la sensibilità di percepire l’altro bambino invisibile, Giorgio. Perché hai scelto proprio questa età?

Il protagonista di Marrobbio mi ricorda il piccolo Damiano curioso di tanti anni fa, un bambino sensibile e fuori dagli schemi. L’età di Mario corrisponde alla via di mezzo tra l’essere bambini e adolescenti, ovvero il momento in cui il mondo della scoperta e della purezza permettono di osservare la dimensione degli emarginati con maggiore empatia.

La triade mamma-nonna-bambino, è una triade di base, come una matrice che rappresenta il fuoco del calore familiare; la nonna che prepara il pane, gli abbracci, le carezze, è stato come mettere in scena il tuo vissuto familiare?

Sono cresciuto in un contesto in cui la figura della nonna era uno dei pilastri portanti della famiglia. Nella cultura del sud la figura del matriarcato ha sempre avuto una certa rilevanza sia per quanto riguarda la guida della famiglia che per la saggezza, quest’ultima necessaria alla crescita emotiva di un bambino.

In Marrobbio hai inserito alcuni proverbi siciliani che esprimono la semplicità della saggezza popolare, come ‘a madre piatusa fa la figghia tignusa’ (la madre debole fa la figlia testarda) o ‘cu è picciuteddu unnè puvireddu’ (chi è giovane non è povero), o ancora ‘i morti vogliono rinfrescata l’anima’, che significato hanno per te questi proverbi?

Sin da bambino ho sempre sentito questi proverbi e solo con la maturità del mio vissuto ho metabolizzato il vero valore di queste frasi che, per quanto semplici, restano ricche di contenuto ed immediatezza comunicativa.

Mario, figlio di una ragazza madre, è un bambino intelligente, solare, amante del mare e delle passeggiate in bici. Durante un bagno nelle acque marsalesi, vive un'esperienza extrasensoriale: vede un bambino di colore, muto, accanto a lui e poi trova sulla riva alcuni pezzetti di legno che successivamente scopre appartenere ad una barca di migranti affondata. Questa esperienza, grazie al confronto con la nonna, con il quale ha un legame molto profondo, lo induce ad elaborare una sua personale soluzione per "rinfrescare" le anime delle vittime in mare. Decide così di realizzare una barca, di creare un rito pacificatore e di restituzione all’anima di quel bambino morto in mare. Cosa ti ha spinto ad inserire la sacralità del rito?

I residui ritrovati appartenenti ad una imbarcazione affondata, inducono il piccolo protagonista ad elaborare una sua personale soluzione al fenomeno dell’immigrazione. Ricostruire una barchetta da residui di legno, testimonianza di un naufragio, permette di restituire una via di salvezza per rinfrescare quelle anime innocenti. Tutto questo ha valore proprio nella visione di un bambino, che nella sua purezza vorrebbe salvare il mondo, lasciando agli adulti uno spunto di riflessione.

Mario si rivolge all’unico uomo adulto del corto, lo ‘zu Pino’ il falegname. Il richiamo simbolico alla figura del biblico Giuseppe è evidente, lo zio Pino costruisce la barca permettendo così al bambino di ritualizzare, sacralizzare e pacificare l’anima del bambino defunto. Che significato ha per te questa ritualizzazione?

La scelta di mostrare la figura del falegname riporta ad una dimensione antica e di valore creativo in cui l’espediente artigianale dà maggiore valore alla cura del manufatto realizzato, fondamentale agli occhi di un bambino, per il trasporto delle anime perdute.

Il mare avvolge come in una goccia la storia narrata, rappresenta l’ignoto, l’inconscio, il serbatoio delle memorie emozionali degli esseri umani, quali sono gli altri simboli e significati che hai inteso trasmettere con Marrobbio?

Il marrobbio è un repentino cambiamento delle correnti marine che si verifica nella parte occidentale della Sicilia provocando anche una variazione del colore dell’acqua. Questa trasformazione diventa metafora degli eventi avversi della vita, in cui spesso il potente, indifferente e non curante, specula sulle vite umane. Il mare nell’immaginario è fonte di vita, di energia, di calore, ma il mare magnum delle stragi, per colpa di una politica affarista, trasforma quelle acque in imbuto avvolgente di morte.

Infine è presente anche Willy, il cane - lo ‘psicopompo’ -, una figura centrale di molte mitologie e religioni antiche, ha la funzione di accompagnare le anime dei morti nell'oltretomba, traghettarle dal mondo visibile a quello invisibile. Il cane è quindi elemento importantissimo per l’ossatura della tua opera, non credi?

La figura del cane da sempre è stata intesa come simbolo di fedeltà dell’uomo. Attraverso la sua purezza e affidabilità aggiunge all’etica di una famiglia per bene la salvezza di un mondo migliore in cui la spontaneità e la cura verso il prossimo diventano protagoniste del messaggio.

Il tuo ultimo lavoro è un documentario sulla figura di Salvatore Paladino, definito da molti come l’ultimo degli "Esseni", ovvero dei discendenti di un’antichissima stirpe di medici di origine ebraica in grado di curare qualsiasi problema di salute con rimedi naturali, cosa ti ha trasmesso Salvatore Paladino?

Nel 2017, incuriosito dai video in rete di Salvatore Paladino, definito come l’ultimo degli Esseni, gli scrissi un’email per chiedere consigli naturali per velocizzare la mia guarigione. Dopo poche settimane ricevetti una sua risposta in cui mi disse che mi stava aspettando, ricordandomi anche la nostra parentela di secondo grado. Fui invitato ad andarlo a trovare perché aveva delle cose importanti da riferirmi e un compito da affidarmi. Con l’occasione approfittai per girare le immagini del documentario che avrei dovuto pubblicare dopo la sua scomparsa. Ad oggi il documentario in rete ha suscitato un notevole interesse sulla peculiarità della sua vita e della sua dote. L’incontro inaspettato con Salvatore ha arricchito la mia sensibilità e percezione emotiva e allo stesso tempo anche la pratica sulla conduzione corretta di una vita salutare. Rimane il fatto che Paladino è per me una sorta di plot point della mia vita, un colpo di scena che ha aperto ulteriori visioni da percorrere.

Damiano, hai nuovi progetti in elaborazione?

Sì, a breve prenderà vita l’ultimo progetto cinematografico sempre con la mia regia dal titolo Fa freddo Stamattina, si tratta di un cortometraggio che affronterà la tematica della precarietà sul lavoro. Una storia ispirata e dedicata a un ragazzo scomparso qualche mese fa in un incidente sul lavoro all’interno del Porto di Civitavecchia. Il progetto sarà finanziato dalla Compagnia Portuale di Civitavecchia e da alcune aziende dello stesso porto. Posso anticipare che la sceneggiatura è di Roberto Vergati e che il protagonista del cortometraggio sarà uno degli attori della rinomata serie TV Suburra.

lunedì 11 settembre 2023

Rincorrere l'ombra


Camminando sotto il sole cocente

verso la tomba di mio padre

ogni passo.... un pensiero

il calore solare diventa intollerabile ad un certo punto 

mi ritrovo a rincorrere l'ombra degli alberi lungo la via

e penso quanto sia necessaria l'ombra

ristoratrice

così come accade nella psiche....

nell'ombra, nella illusoria oscurità

vedo

la luce

la fuga dalla luce

la fuga dall'ombra

sono le difese .....vane

il sole acceca la vista

se non ti addentri nel buio della caverna interiore

lì sono i tesori

le consapevolezze trasmutate dal cuore e fissate, coagulate in pietre preziose

rincorrere l'ombra

abbracciarla

e poi uscire alla luce

al fuoco che non brucia.


Maria Burgarella








 

La potenza del pensiero

A cosa stai pensando?

27 AGOSTO 2023, 
Pensiero. Attenzione anche al nostro dialogo interiore; come parliamo a noi stessi? Cosa ci diciamo? Quali sono i nostri pensieri? Come pensiamo?
Pensiero. Attenzione anche al nostro dialogo interiore; come parliamo a noi stessi? Cosa ci diciamo? Quali sono i nostri pensieri? Come pensiamo?

Tutti pensano, non esiste uomo che non pensi; perfino i pigri, che non fanno nulla, pensano, ma il loro pensiero fluttua come una foglia al vento. Gli esseri umani si servono del loro pensiero giorno e notte, ma non sapendo come servirsene, esso non porterà loro granché, ma inoltre servirà solo a tormentarli e a distruggerli. ‘Pensare realmente’ vuol dire sapere innanzitutto a cosa pensare e come pensare.

(Omraam Mikhaël Aïvanhov)

Riflettendo sulla domanda «A cosa stai pensando?», fissata in alto su uno dei social più famosi, mi sono interrogata sul perché si sia così interessati a carpire i pensieri degli iscritti, e ho immaginato questi innumerevoli pensieri che confluivano in una enorme piovra dagli incalcolabili tentacoli che traeva nutrimento da essi. D’altronde ogni cosa ha il suo opposto, in questo caso l’aspetto ‘luce’ di tale domanda può servire a spingere le persone a riflettere sulla sostanza dei propri pensieri, invogliandole all’auto-osservazione. Uno dei primi compiti di chi inizia un percorso interiore è esattamente questo.

Personalmente non offro in pasto alla bacheca di un social i miei pensieri, ne conosco il potere, piuttosto preferisco coagularli e fissarli in una nota o in un articolo, oppure condividerli in conversazioni sostanziose con persone e di persona. Ma questa è una mia scelta, ovviamente non critico chi lo fa ma desidero far riflettere su alcuni punti chi legge.

L’urgenza della condivisione, così diffusa, di esporre come in una vetrina la propria ‘merce’, di mettere in scena la propria vita, spesso falsificata dal voler offrire un’immagine di sé esclusivamente positiva, attraente e priva di ‘ombre’, ha dei connotati luciferini, subdoli, ammalianti, mascherati dal mito della condivisione a tutti i costi, ma chi legge è davvero interessato? Dove finiscono tutti questi pensieri?

È necessario comprendere il potere del pensiero, come disse il grande Giordano Bruno: «Non è la materia che genera il pensiero, ma il pensiero che genera la materia. Se questa scienza, che grandi vantaggi porterà all'uomo, non servirà all'uomo per comprendere se stesso, finirà per raggirarsi contro l'uomo». Intendeva porre l’attenzione sulla scienza che deve inglobare quella dello spirito, solo così l’uomo può evolversi per il suo bene e per quello dell’universo poiché sono strettamente interconnessi.

È molto importante prestare attenzione alle parole; esse vibrano, sono delle frequenze, dei suoni che hanno un effetto sulle nostre cellule.

Attenzione anche al nostro dialogo interiore; come parliamo a noi stessi? Cosa ci diciamo? Quali sono i nostri pensieri? Come pensiamo?

Tutto ciò ha un effetto sul soma poiché le cellule che ci compongono sono fatte di acqua e sappiamo che l’acqua è il più potente veicolo di trasporto dell’informazione, possiede una memoria, assorbe, vibra, quindi tutto ciò che pensiamo viene recepito dalla nostra acqua interna, condizionando lo stato di salute psico-fisica. È fondamentale, quindi, iniziare ad osservare i nostri pensieri, esserne coscienti.

Il grande iniziato Omraam Mikhaël Aïvanhov scrive nel suo libro Potenze del pensiero: «C’è una cosa che dovete sapere, ed è che tutti i pensieri, per deboli e insignificanti che siano, costituiscono una realtà. Li si può perfino vedere, e infatti ci sono esseri che li vedono. Naturalmente sul piano fisico il pensiero rimane invisibile e inafferrabile, ma è reale, e nella sua regione, con i materiali sottili che lo compongono, è una creatura vivente e capace di agire. La mancata conoscenza di tale verità è la causa di molte sventure: gli esseri umani non vedono, non sentono che il pensiero lavora, che costruisce oppure lacera e demolisce, per cui si permettono di pensare qualsiasi cosa, senza sapere che così facendo si precludono il cammino dell’evoluzione».

Come ho descritto nell’articolo sui 7 Principi ermetici, il primo principio afferma che ‘Tutto è mente, l’Universo è mentale’, quindi il pensiero crea materia, è energia addensata. Ogni pensiero è un’entità viva che produce effetti a livello spirituale e crea le forma-pensiero. Secondo Annie Besant e Charles Webster Leadbeater, due importanti esponenti del movimento teosofico, la forma-pensiero è una vibrazione emanata sia da un individuo che da un gruppo che inizia a vivere di vita propria, alimentandosi dal tipo di pensieri da cui è stata generata, non solo ma induce le persone a continuare a svilupparli per avere sempre il nutrimento. Ovviamente le forme-pensiero possono essere benefiche o malefiche ed i loro effetti sono correlati alla loro polarità. Se una persona ha pensieri di odio, di rabbia verso qualcuno creerà una forma-pensiero malefica alla quale sarà sottomessa. Si formeranno degli schemi di pensiero ripetuti, delle proiezioni mentali che indurranno la persona a pensare sempre gli stessi pensieri disarmonici atti a nutrire continuamente tale forma-pensiero.

Se i pensieri di un individuo o i suoi sentimenti sono diretti verso una data persona, la forma-pensiero derivante si dirigerà verso di essa scaricandosi sui suoi veicoli astrale e mentale. Se invece il pensiero è egoistico o egocentrico (come lo sono la maggior parte dei pensieri), vagherà costantemente intorno al suo animatore, sempre pronto a reagire su di lui ogniqualvolta egli si trovi in condizione di passività. Prendiamo, ad esempio, il caso di un uomo che si abbandona sovente a pensieri impuri; egli potrà dimenticarli fintanto che è occupato nello svolgimento regolare delle sue occupazioni giornaliere, anche se le forme-pensiero da lui create gli aleggiano sempre intorno come una nebbia densa, perché la sua attenzione è diretta altrove ed il suo corpo astrale non è sensibile che a vibrazioni della medesima natura. Ma quando la tensione si rallenta e l'uomo si riposa lasciando la mente libera da qualsiasi pensiero concreto, egli si sentirà di nuovo assalito dall'insidia di vibrazioni impure.

(Le Forme pensiero, A. Besant, C. W. Leadbeater)

Quindi i pensieri si raggruppano in eggregore che può essere inteso come una forma-pensiero collettiva, richiamando il concetto di inconscio collettivo di Carl Gustave Jung, una sorta di serbatoio dei pensieri, delle immagini simboliche generate dall’umanità fin dalle origini.

Bisogna distinguere la semplice aggregazione umana che ha una dimensione orizzontale da quella iniziatica che all’elemento orizzontale aggiunge quello verticale spirituale.

Esempi di eggregore orizzontali prive di un collegamento alla dimensione spirituale ma che comunque attraggono certe energie sottili sono: un gruppo di tifosi, i partiti politici, gli eventi catastrofici, la paura delle guerre e delle epidemie. La paura dell’epidemia Covid, ad esempio, ha generato un’eggregore potente, le persone contagiate da questa paura sono indotte inconsapevolmente a offrire nutrimento costante a suddetta entità.

Ogni eggregore fisico produce con le sue azioni una proiezione di forme invisibili nei piani sottili, è un essere artificiale vivente al di fuori della percezione.

Gli esoteristi Omraam Mikhaël Aïvanhov e Peter Deunov intendevano farsi portatori dell'eggregora della cosiddetta «Fratellanza Bianca Universale», al fine di accelerare l'avvento della nuova Era dell'Aquario, apportandole nutrimento con particolari simbologie e rituali.

«Un egregore è un'entità collettiva creata dal pensiero di tutti gli individui appartenenti a un raggruppamento, a un popolo, oppure a una religione; per esempio [...] i loro pensieri, i loro desideri che vanno tutti nella medesima direzione formano un egregore impregnato, nutrito, modellato da quella collettività. Anche noi, come Fratellanza Bianca Universale, abbiamo un egregore. Tutte le religioni, tutti i movimenti spiritualisti hanno la loro. Lo stesso accade per i movimenti politici. A volte, in alto, quegli egregori combattono fra di loro a chi sarà il più forte».

Qual è il potere del pensiero?

Durante la guerra fredda tra Stati Uniti e URSS sono stati condotti degli esperimenti sulla trasmissione del pensiero, citerò lo studio americano pubblicato nel 1958 da Ansel E. Talbert, responsabile dell’ufficio stampa per le Forze Armate americane. In questo esperimento di trasmissione telepatica furono scelte due persone dotate di facoltà medianiche: una avrebbe dovuto inviare dei messaggi tramite il pensiero, l’altra avrebbe dovuto captarli.

La persona emittente era sorvegliata presso il Centro di Ricerche Westinghouse di Friendship nel Maryland, in USA; tutti i suoi messaggi venivano annotati e secretati mentre l’altro medium, che annotava i messaggi ricevuti, si trovava nel sottomarino atomico USA Nautilus, immerso nei ghiacci del Polo Nord. I risultati ottenuti furono positivi al 70%, con una percentuale di errori molto bassa. Ciò dimostra che l’uomo è in grado di proiettare onde molto lontano nello spazio. Inoltre dimostra che, a differenza dei raggi alfa, beta, gamma e X, che vengono immediatamente fermati dall’acqua, il pensiero può penetrare nell’acqua fino a grandi profondità ed è in grado di produrre effetti a grande distanza.

Alla luce di quanto esposto è importante sapere che quando si formula un pensiero, subito esso circola nel mondo e agisce sulla mente di altre persone, il pensiero innesca dei meccanismi di cui non si è consapevoli. Scrive Aïvanhov: «Decidetevi a proiettare solo pensieri e sentimenti che avranno le conseguenze più benefiche. Se non siete coscienti, se nutrite dei cattivi pensieri senza nemmeno prestarvi attenzione, essi se ne andranno a lavorare per la vostra infelicità. Nelle scritture è detto: ‘Siate vigili!’. Ciò significa vigili rispetto a tutto ciò che avviene dentro di voi, e non per ciò che può giungere dall’esterno. Sono lo spirito e la coscienza che devono essere vigili».

L’uomo è impegnato soprattutto al lavoro nella materia attraverso i 5 sensi che sono appunto maggiormente sviluppati, piuttosto che dedicarsi al lavoro spirituale non conoscendo e di conseguenza inutilizzando gli strumenti atti a compierlo. Operare sul piano fisico produce degli effetti immediatamente visibili, mentre quelli del lavoro sul piano spirituale, agendo su una materia diversa, sottile e che sfugge ai comuni mezzi d’indagine, non sono immediatamente osservabili ma ciò non toglie che questi lavori siano reali quanto quelli che vengono realizzati sul piano fisico. Gli esseri umani non comprendono gli effetti dei loro pensieri e dei loro sentimenti perché non sono immediati.

La scienza iniziatica insegna che il pensiero è energia, vibrazione, forza, che tutto ciò che vediamo in natura è il risultato della concretizzazione di elementi eterici che con il tempo hanno raggiunto il grado di densità per materializzarsi. Ogni pensiero ha una forma, un colore, una dimensione. Gli Iniziati vedono il mondo come una creazione del pensiero, una condensazione del pensiero divino.

Il pensiero si realizza nella materia attraverso degli intermediari, dei ponti. Nella famosa frase di Archimede «Datemi una leva e solleverò il mondo!» la leva è proprio l’intermediario che è il sentimento che permette alle idee di incarnarsi e divenire materia. Come sempre il cuore è il centro, il sole di ogni creazione. Ed il sentimento varia a seconda della natura dei pensieri e spinge l’uomo all’azione. Il pensiero serve a conoscere, comprendere ma non può agire sulla materia senza il coinvolgimento del cuore.

Concludo citando ancora Omraam Mikhaël Aïvanhov:

Secondo la Scienza iniziatica, lo spazio è impregnato di una materia sottile, di una quintessenza che è distribuita ovunque, intorno a noi e in noi. Ed è compito dei figli di Dio prendere questa materia, che è priva di forma, come una pasta da modellare, per ottenere realizzazioni fantastiche. Il mondo invisibile osserva con interesse quali sono le nostre creazioni e poi si pronuncia. Se si accorge che alcuni non contribuiscono all’armonia universale, ma disturbano e distruggono, li priva delle buone condizioni e possibilità, cosicché questi retrocedono, ripiombando a un livello inferiore dell’evoluzione.

mercoledì 23 agosto 2023

Le isole Egadi, tre stati di coscienza

 

Le Isole Egadi

Levanzo, Favignana e Marettimo: tre stati di coscienza

27 LUGLIO 2023, 
Favignana, Italia, la farfalla sul mare
Favignana, Italia, la farfalla sul mare

L’arcipelago delle Egadi, dal latino Aegates che deriva dal greco Aigatai ‘isole delle capre’, è composto da una decina tra isole e scogli ed è lo scenario spettacolare che da trapanese ammiro da quando sono nata, dalla spiaggia di San Giuliano o dalla Torre di Ligny, le loro sagome si stagliano all’orizzonte come tre gemme. Mi soffermerò sulle tre isole di Levanzo, Favignana e Marettimo, poiché le considero parti di me, ognuna di esse è uno stato di coscienza particolare. Le condizioni climatiche le fanno apparire talvolta come sogni dai contorni sfumati, o dalle forme nitide e splendenti, oppure spariscono immerse nella foschia.

Levanzo

L’isola di Levanzo, dal greco Phorbantia (Φορβαντία), è la più vicina alla costa trapanese ed è anche la più piccola, infatti si estende per circa 5 km dalla superficie del mare.

È l’isola che da ragazza frequentavo spesso con amici, provvisti di tende (quando ancora era permesso) ci accampavamo nei pressi di Cala Minnola, dall’acqua color turchese e nelle cui profondità giacciono il relitto di una nave romana e resti del carico di anfore e vasellame.

Ricordo ancora il rumore dei sandali sui ciottoli della strada che dal paesino conduce alla cala, un cammino di meditazione respirando l’aria intrisa degli odori inebrianti del rosmarino, della cineraria, dell’euforbia arborea.

Levanzo è sprovvista di strade rotabili, a parte quella che conduce alla spiaggia dei Faraglioni e questa sua arretratezza tecnologica la rende selvaggia ed essenziale. È un luogo che spinge alla riflessione, alla contemplazione della bellezza priva di orpelli e rumorose distrazioni.

Invita al cammino sia fisicamente che psicologicamente, direi che è un’isola zen proprio perché comprime tutto all’essenziale e al ‘qui e ora’. Ogni azione, che sia bere un caffè al bar guardando il panorama o nuotare nel suo splendido mare, diventa un’esperienza intima e profonda con gli elementi della natura strettamente connessi alla nostra esistenza.

È un’isola nutriente per lo spirito, corrobora e purifica mente e corpo come un massaggio vivificante, puoi sentire il tuo respiro nel silenzio, il battito del cuore diviene un suono dolce e potente, sei vivo!

Chi vive Levanzo anche per poco tempo ma intensamente, può sentire il richiamo ancestrale degli uomini del Paleolitico superiore (9680 a.C.) che incisero e dipinsero all’interno della Grotta del Genovese, tappa obbligata per il visitatore.

Favignana

Passiamo a Favignana, dal latino favonius (favonio, così chiamavano i Romani il vento caldo che proviene da ovest), è l’isola del divertimento, delle folle riversate sulle varie cale, da Cala Rossa a Cala Azzurra, tanto per citarne alcune. La sua economia era basata sulla pesca del tonno e sull'attività estrattiva del tufo, ora è una meta turistica importante.

Anticamente il nome di Favignana era Egusa (Aegusa per i latini), dal greco Aigousa (Αἰγοῦσα) «che ha capre», data la loro presenza abbondante sull'isola. Gli arabi la appellavano con il nome Djazirat ‘ar Rahib «isola del monaco» in quanto sull'isola si erge il Castello di Santa Caterina, di epoca normanna, dove avrebbe vissuto per l'appunto un monaco. Il pittore Salvatore Fiume la definì una «farfalla sul mare», ispirato dalla sua forma.

Nel paese di Favignana si può visitare la chiesa settecentesca ‘Madonna dell'Immacolata Concezione’, all'interno della quale è custodito un prezioso crocifisso ligneo del XVIII secolo e una statua marmorea raffigurante Sant'Antonio del XVII secolo.

Inoltre è punto di informazione turistica Villa Florio, una palazzina neogotica fatta costruire da Ignazio Florio nel 1878. Un’altra tappa obbligata per il visitatore è l'ex-stabilimento della tonnara di Favignana, sede di un Antiquarium, dove vi è una sala nella quale sono esposti reperti storici ritrovati nel mare delle isole Egadi.

Favignana è stata scelta anche come location cinematografica già dal 1986 per il film Il commissario Lo Gatto con Lino Banfi, da allora innumerevoli film sono stati girati nell’isola.

Se si desidera una vacanza all’insegna della spensieratezza, della leggerezza tra un tuffo e un aperitivo nel frastuono dei locali pieni di gente, allora Favignana è il posto giusto.

La sua forma a farfalla esprime la sua essenza, leggera e fugace come la vita, d’altronde la farfalla passa il tempo a succhiare il nettare dei fiori e ad accoppiarsi!

Vivere Favignana è come un’immersione nella bellezza ma permette anche di sperimentare l’inconsistenza della felicità.

D’altra parte il termine greco psyché significa sia anima che farfalla, in molte culture il simbolo dell’anima è proprio una farfalla che rappresenta la trasformazione interiore replicando la metamorfosi di questo insetto. La crisalide simboleggia la potenzialità dell’essere, mentre la farfalla che ne esce è un simbolo di resurrezione.

L’isola di Favignana conduce l’uomo metaforicamente al volo della farfalla, confuso, circolare e inquieto, attratto dal fuoco solare che rappresenta l’attaccamento ossessivo all’Eros ma che rischia di incenerirla se non lo interrompe in tempo.

Marettimo

Infine per ultima ma non ultima, Marettimo, l’isola che meglio mi rispecchia.

Samuel Butler, nel suo libro del 1897 L’autrice dell’Odissea, ipotizza che l’autrice dell’Odissea sia stata una donna trapanese e, a conclusione di approfonditi studi, associa Marettimo a Itaca, la patria di Ulisse.

Già i Fenici, gli Elimi e i Sicani attribuirono un carattere di sacralità a Marettimo. Inoltre l'antico toponimo greco dell'isola, citato da Polibio, era Hierà Nésos (Ἱερά νῆσος), che significa appunto «isola sacra». Quando si arriva sul suo suolo si può percepire tale dimensione, ovviamente per chi è ricettivo a tale forza sovrasensibile.

La sua costa è rocciosa, frastagliata, priva di spiagge, ricca di grotte che si possono conoscere solo via mare. Itaca, trovo poetico chiamarla così, ti obbliga al contatto col mare se senti l’urgenza di conoscerla profondamente, ti spinge verso l’inconscio che il mare simboleggia, con i suoi moti e le sue correnti. Tuffarsi per raggiungere una delle tante grotte è una sorta di abbandono, di resa, che libera in una catarsi rinvigorente. Devi affrontare le tue paure, i tuoi limiti per accedere a stati di coscienza ampliati, superiori, divini. E all’interno delle grotte percepisci il mistero, il silenzio, la pace, risucchiato in una dimensione a-temporale che coinvolge e sconvolge tutti i sensi.

Il punto più alto dell’isola è Monte Falcone, camminando sui vari sentieri anche in groppa agli asini, si può scorgere il castello di Punta Troia, di epoca normanna, nel periodo borbonico fu detenuto nelle buie celle anche Guglielmo Pepe.

Anche il clima di Marettimo è particolare permettendo l’esplosione di una flora davvero straordinaria.

Marettimo è la più lontana dalla costa e quando le condizioni meteo-marine sono avverse si rischia di rimanere bloccati sull’isola, come è successo a me moltissimi anni fa ed è stata un’esperienza meravigliosa. Non si possono fare programmi su quel suolo come nella vita, arriva un imprevisto e devi necessariamente adattarti, essere flessibile, affidarti, e questo ti permette di vivere esperienze inattese e bellissime. Ricordo che andammo in montagna a raccogliere funghi, era inverno, il vento soffiava forte e come uno ‘scrub’ eliminava tutte le impurità dei pensieri disarmonici, ripulendo la mente, aprendo le narici a respiri profondi. È stato fantastico poi riunirsi a cena con un bel piatto di tagliatelle fatte in casa con i funghi freschi appena raccolti, e poi sazi e un po' ebbri cantare e ballare, un balsamo per il corpo e per lo spirito, ricordo indelebile nella mia memoria.

Se vi ho incantato almeno un po' con il mio racconto non vi resta che scegliere una delle tre isole o saltellare da un’isola all’altra… con la certezza che sarà un’esperienza indimenticabile.