martedì 26 novembre 2019

GuarirSì, l'Alchimia delle emozioni amiche.

https://www.youtube.com/watch?v=4U0SfEqrhAs
Siamo nati per ricordarci che siamo perfetti, per guarire da questa dimenticanza, dall’oblio di chi veramente siamo.
Il tema del convegno “La guarigione dalla mente al cuore” è complesso e prismatico, cercherò di affrontarlo con i miei strumenti.
Nella mia pagina Facebook ho scelto l’immagine del fiore di loto che simboleggia l’illuminazione, la perfezione, la bellezza intrisa di se stessa, il processo di rinascita dal fango della non consapevolezza.
Ho scelto questo titolo per indicare due processi;
·       la guarigione è sempre un’auto-guarigione, nessuno guarisce nessuno.
Il terapeuta o chi esercita una professione d’aiuto è soltanto un compagno di viaggio, un ponte tra sé e il paziente.
·       Il Si’ sottintende la volontà del soggetto di guarire.
Come disse Ippocrate “Prima di cercare la guarigione di qualcuno, chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare.”
Senza l’atto di volontà del soggetto la guarigione non accade.
Parte da una scelta precisa, consapevole, di comprendere il messaggio che porta con sé la malattia.
Nella frase di Ippocrate è sotteso quello che Freud chiamava “il vantaggio secondario della malattia”; sto male, sono arrabbiata, vivo nel conflitto e la malattia fa avvicinare i familiari, gli amici che cercano di consolarmi, di aiutarmi, di sostenermi ma ciò mi deresponsabilizza dal lavoro interiore, divento la mia malattia. Oppure la malattia può servire a “mettersi in pausa” da eventi stressanti, evitando così di compiere azioni, scelte atte alla risoluzione della malattia stessa.
Nel mio lavoro con i malati oncologici ho potuto constatare proprio questo processo, ho conosciuto persone che erano diventate la loro emozione repressa.
Ricordo una paziente di 66 anni, tumore al colon con metastasi epatiche e ossee, stadio terminale. La sua ferita iniziale era collegata alla madre che lei accusava di non averla amata, riconosciuta come persona, di essere anaffettiva. Tale emozione repressa, non nominata, era mutata in proiezione; accusava i suoi familiari delle stesse mancanze, nutrendo da tempo la “forma pensiero” rabbia che aveva completamente risucchiato come un buco nero tutta la sua luce, coprendola come un’ombra, riducendola a un corpo rinsecchito, immobile, preda di quella energia negativa:  era diventata la sua rabbia, una sorta di suicidio inconscio.
È molto importante, a mio parere, prestare attenzione alle parole; esse vibrano, sono delle frequenze, dei suoni che hanno un effetto sulle nostre cellule.
Attenzione anche al nostro dialogo interiore; come parliamo a noi stessi? cosa ci diciamo? Quali sono i nostri pensieri?
Tutto ciò ha un effetto sul soma.
Le cellule sono fatte di acqua e sappiamo che l’acqua è il più potente veicolo di trasporto dell’informazione, possiede una memoria, assorbe, vibra e poiché siamo fatti per lo più di acqua, tutto ciò che diciamo e pensiamo viene recepito dalla nostra acqua interna, condizionando lo stato di benattia o malattia.
Gli studi di Masaru Emoto, in questo senso, confermano quanto detto.
La parola “trauma”, ad esempio e a mio parere, ha un’accezione negativa da evitare, attiva una posizione deprimente, ha un effetto deresponsabilizzante, il soggetto potrebbe dire: ho avuto questo trauma da piccolo e sono il risultato dello stesso. Guarire da tutti i traumi è difficile, perciò resto nella malattia, nel conflitto.
Sappiamo da studi recenti che ereditiamo i traumi fin dalla terza generazione prima di noi, attraverso il DNA che arriva dai genitori, quello che viene dal passato e quello che arriva dal futuro.
Qui si inserisce il valore terapeutico fondamentale del perdono, è difficile spesso perdonare un padre o una madre ma un figlio che perdona guarisce tutta la sua linea generazionale e quella che verrà.
Tutto ciò che facciamo per noi stessi, compreso il perdono, ha un riflesso su tutto ciò che ci circonda, famiglia, amici, colleghi etc.
Il pensiero che rimugina sul problema alimenta le reti neurali associate a quell’evento e all’emozione correlata.
Poiché siamo un campo energetico psicoemotivo in continuo flusso, un blocco emotivo si riflette nel flusso energetico del corpo che contiene tutte le memorie psicobiografiche.
E’ importante, quindi, focalizzare l’attenzione sul qui e ora, su come il soggetto regola e integra le emozioni, come fa fluire la sua energia vitale, non è essenziale ricercare l’origine dell’evento traumatico ma come il corpo adesso manifesta i conflitti che la coscienza, nega, reprime o rifiuta.
Parlerei, invece, al posto di trauma,  di nodi da sciogliere, di risorse, di opportunità: si è creato un nodo nella relazione con l’altro, ad esempio con i genitori che sono maestri per i figli perché sono i primi con i quali si sperimentano le emozioni, quell’emozione esperita serviva a lavorare con quella parte di noi che voleva essere ascoltata.
Immaginiamo, ad esempio, che da piccoli all’uscita di scuola il nostro genitore è arrivato in ritardo a prenderci, aspettando abbiamo provato un senso di abbandono, paura, sconforto, abbiamo memorizzato quella risposta. Se succede ora, da adulto, che aspettiamo una persona che ritarda, si riattiva quella risposta emotiva, viene rievocata; ecco, dobbiamo lavorare su questo nel qui e ora.
E’fondamentale, quindi, entrare in osservazione di se stessi.

Alchimia delle emozioni amiche:
per emozioni amiche intendo tutte, anche quelle che hanno una connotazione negativa ma che in realtà non lo sono.
Grazie alle emozioni possiamo guarire.
Per parlare di emozioni ho scelto l’immagine del mare, delle onde che fluiscono incessantemente.
Emozione dal latino e-movere, qualcosa che si muove.
Le emozioni primarie sono: paura, rabbia, tristezza, gioia, sorpresa, disprezzo, disgusto.
Sul disgusto, ad esempio, ci sono degli studi sulle coppie e sulle problematiche correlate dai quali è emerso che una delle espressioni più frequenti nelle separazioni è proprio il disgusto.
L’uomo funziona principalmente a due livelli: mentale ed emozionale.
La psiche è il maggiore responsabile nel generare la malattia, poichè regola la risposta alle emozioni.
Le emozioni sono eventi puramente fisici che hanno dei correlati a tutti i livelli: endocrino, immunitario, nervoso.
Immaginiamole come un’onda che sale, arriva al suo picco, scende e fluisce.
Il momento di ascolto dell’emozione, spesso non accade, scappiamo dalla stessa a meno che non sia piacevole.
Le emozioni non fluite, represse, si cristallizzano divenendo dei sintomi psicologici, psicosomatici, organici, si arriva addirittura al tumore che, ovviamente, ha un insieme di concause in cui però il fattore emozionale è molto preponderante, almeno nella mia esperienza professionale.
Ogni sintomo psicosomatico è una conversione, cioè uno spostamento dell’emozione sul soma.
Freud parlava della psiche come un sistema idraulico dove l’acqua (le emozioni) cerca una via di scorrimento e se viene bloccata si sedimenta in qualche organo “vulnerabile”.
Ogni organo è un campo energetico con vibrazioni particolari e proprie, associato a determinate emozioni; ad esempio rabbia-fegato, tristezza- polmoni, paura- reni; l’asma bronchiale, ad esempio, è sintomatica di un conflitto da separazione, un pianto da abbandono non espresso.
Difendendoci nel tempo questi nodi aumentano fino a diventare come Dart Fener, il personaggio della saga di Star Wars.
Ho scelto questo personaggio perché rappresenta la corazza delle difese che sono numerose, ne cito alcune; la negazione, l’evitamento e la fuga, la proiezione che è quella più utilizzata; proiettiamo sull’altro o sul mondo esterno la causa dei nostri mali, se invece spostiamo il locus of control da fuori a dentro iniziamo il lavoro interiore e smettiamo di attribuire al destino, alla sventura, alla sfortuna gli eventi della vita, prendiamo consapevolezza di avere un ruolo in ciò che ci accade.
L’immagine, quindi, di Dart Fener simboleggia la corazza all’interno della quale spesso vi è un bambino impaurito, che soffre e vuole essere ascoltato.
I tre passi per rendere “amiche” le emozioni che sono funzionali al nostro benessere, sono:
ACCOGLIERE         ACCETTARE           AMARE
ACCOGLIERE il nostro dolore, ACCETTARE la rabbia, il rancore, l’inadeguatezza, il senso di colpa, etc e AMARE, il processo alchemico così come qualsiasi intervento terapeutico necessita del lievito madre AMORE.
Il processo psicoalchemico si svolge in queste tre fasi.
Ho voluto citare alcuni dei miei maestri, fonti dalle quali ho attinto saperi e spunti di riflessione nel tempo.
L’immagine del Buddha immerso nel Samadhi, in uno stato di estasi, completamente “presente” e connesso con il Superconscio, con il campo quantico della coscienza universale.
La prima nobile verità afferma che “La vita è sofferenza, dolore.”
Il dolore è DUKKA: Duh è un prefisso negativo, Kha significa vuoto, dunque Dukka sottintende qualcosa di inconsistente, insoddisfacente, illusorio.
La sofferenza è illusoria ma per renderci conto che lo è dobbiamo “stare nella sofferenza”, dobbiamo avere il coraggio di rimanere nella stessa e osservare noi stessi.
“AMA IL TUO NEMICO”, la celebre frase del maestro dei maestri Gesù, un Alchimista eccezionale, si riferisce proprio a questo processo.
Il tuo nemico, nella mia interpretazione, sono le emozioni di rabbia, di odio, di intolleranza, di fastidio, di rancore, l’Ombra di Jung.
Nel momento in cui accogliamo ci confrontiamo con la nostra Ombra, con il nostro piombo interiore, cioè tutto ciò che è oscuro, sporco, reietto, sgradevole, vergognoso, paure, credenze limitanti, auto-sabotaggi, per trasmutarlo in oro, in risorsa.
L’Ombra esiste in presenza della Luce.
Luce e Ombra sono metafore del bene e del male, positivo e negativo, le polarità, la dualità nella quale viviamo e che è manifesta nella natura; vediamo ogni giorno il sole e la luna, pensiamo che siano separati ma non lo sono, coesistono.
“Non c’è presa di coscienza senza sofferenza.
La gente arriva ai limiti dell’assurdo per evitare di confrontarsi con la propria anima.
Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l’oscurità interiore.” Carl Gustave Jung
Questo processo di trasmutazione conduce alla scoperta della vera natura interna, il Sé.
Ho voluto inserire una mia raffigurazione della Dea Azteca della Luna Coyolxauhqui, essa simboleggia il processo di smembramento psichico delle parti che precede l’integrazione e che attraversiamo nel percorso di individuazione del Sé, conducendoci alla rinascita e al rinnovamento finali.
Rappresenta, quindi, il primo stadio dell’opera alchemica; all’estremità vi sono dei serpenti che simboleggiano il rinnovamento, il cambiar pelle, l’energia kundalini (serpente addormentato e attorcigliato) che ci serve per espanderci nel mondo, per il viaggio psichico e spirituale, un’energia potentissima da conoscere e attivare.
Kemarāja nel tantrasadbhāva scrive: “all’interno giace nel sonno, in forma di serpente addormentato e non ha coscienza di nulla. Questa Dea, dopo aver immesso nel grembo i quattordici mondi insieme con la luna il sole i pianeti, cade in uno stato di obnubilamento come di chi è offuscato dal veleno. È risvegliata dalla suprema risonanza naturale di conoscenza, [nel momento in cui] è scossa, o Eccellente, da quel bindu che sta nel suo grembo. Si produce infatti uno scuotimento nel corpo della Potenza con un impetuoso moto a spirale. Dalla penetrazione nascono per prima i punti splendenti di energia. Una volta levata Essa è la Forza (kalā) sottile, Kuṇḍalinī.”

Trasmutare significa, quindi, mutare attraverso; solo attraverso il processo dell’osservazione di sè stessi, lo stare nelle emozioni, nei propri moti interiori, potremo guarire da essi, mutare forma.
La trasmutazione, in chimica nucleare, è un processo che, tramite l'emissione di particelle subatomiche, porta un atomo instabile a trasformarsi in un atomo stabile.
Per cultura e per tradizione siamo portati in questa società anestetizzante ad allontanare il dolore, a reprimerlo, cacciarlo via, negarlo addirittura.
Se continuiamo ad opporci ad esso tanto più persisterà.
Se invece lo accogliamo e lo lavoriamo con l’amore sfumerà come la nebbia.
Fare prevenzione, mantenere uno stato di ben-essere, essere in questa esistenza e viverla appieno, significa proprio questo: cominciare a pensare alle emozioni in termini positivi, a viverle come una risorsa, accogliendole e innamorandoci della nostra Ombra.
La sofferenza è necessaria, è maestra, insegna, fa comprendere, percepire la gioia, la gratitudine, la compassione, la soddisfazione, tutti quei sentimenti così ambiti da tutti noi ma che spesso allontaniamo per paura.
Mi piace suggerire l’immagine della fionda per rappresentare il percorso alchemico di individuazione.
Per lanciare il sasso devi tirare la fionda al massimo possibile all’indietro, devi arrivare al punto più profondo di te stesso per poi fare il salto quantico della guarigione, alla scoperta del Sé.
Dante nella sua Divina Commedia, racconta proprio di questo, descrivendolo molto bene; Virgilio rappresenta la guida spirituale, il terapeuta, in senso lato, che lo accompagna e sostiene durante il percorso alchemico, spesso pensiamo di farcela da soli ma non abbiamo gli strumenti per gestire i contenuti, le difese, i vissuti emozionali che emergono dal lavoro interiore che è duro, difficile, impegnativo.
Affidarsi è il passo fondamentale.
L’alchimia è stata da tempo oggetto del mio interesse per i molteplici aspetti che racchiude sia come conoscenza esoterica che come processo nel cammino di individuazione che ognuno di noi percorre nella sua esistenza.
Il trasmutare il piombo in oro è un processo non solo fisico, immaginiamo gli alchimisti alle prese con ampolle e sostanze varie, ma soprattutto a mio parere psicologico, profondamente psichico poiché consiste nella trasformazione dell’ombra in luce, in risorse, in opportunità di autoconoscenza.
Lo psicoalchimista trasmuta l’ombra in luce, non considera la malattia come qualcosa da togliere, da eliminare, da scacciare come un demone, come un nemico da combattere ma come un’amica da accogliere a ascoltarne il messaggio, funzionale alla nostra disvelazione, siamo già perfetti!
La malattia è assenza di luce, è illuminare dove c’è ombra.
Alchimia significa fondere, colare insieme, saldare, allegare.
“Solve et coagula”, è il motto alchemico che significa “sciogli e ricomponi”.
Non per nulla i tre stadi fondamentali dell’alchimia sono:
Nigredo o opera al nero, in cui la materia viene frammentata, disgregata, si dissolve, putrefacendosi.
Nella Divina Commedia rappresenta il passaggio di Dante e Virgilio attraverso l’Inferno.
Nella psicologia analitica elaborata da Jung, il termine indica “la notte oscura” dell'anima, quando un individuo si confronta con l'Ombra dentro di sé.
E’ un processo di putrefazione dell’Ego, delle credenze, convinzioni, pregiudizi che provoca un intenso smarrimento, disperazione, una sensazione di vuoto, ma che per Jung è un prerequisito essenziale per lo sviluppo personale nel percorso di individuazione.
Il confronto con l’Ombra genera una stasi, una disillusione, un freno all’azione realizzando che le proprie convinzioni sono inefficaci.
Rappresenta la morte simbolica della Persona.
In seguito avviene il rovesciamento nell'opposto, quella che in filosofia si chiama enantiodromia. La Nigredo cede il passo all'Albedo, la discesa sempre più profonda nell'inconscio si tramuta in un'illuminazione dall'alto.
I Simboli della Nigredo sono: luna nera, piombo, inverno, corvo, Saturno (astro oscuro e tenebroso, associato a gravità, pesantezza e al piombo, il metallo più instabile, chiede supporto per essere stabile).
Albedo o opera al bianco; la massa informe scaturita dalla nigredo subisce la distillazione e viene preparata per la sublimazione, la materia disciolta viene ricomposta in una sintesi superiore.
In questa fase che è collegata all’accettazione, di cui ho parlato all’inizio, attraverso la pratica della consapevolezza e dell’osservazione di sé si inizia a guardare le proprie emozioni in modo distaccato e obiettivo.
Il soggetto sperimenta: l’elaborazione dei problemi, la cura, il superamento delle difficoltà, nuova visione delle cose, nuove energie, speranze, progetti, espansione di coscienza, immaginazione creativa (sogni vividi riccamente simbolici o produzione pittorica e artistica elevata), intuizioni, trasformazione e rinascita.
Si apre la porta del Sé.
Nella Divina Commedia è la risalita di Dante e Virgilio nel Purgatorio. Nella tradizione cristiana simboleggia la Resurrezione di Gesù. 
Jung equipara l'Albedo alla rivelazione dell'archetipo dell'Anima negli uomini, e dell'Animus nelle donne.
Il soggetto, secondo Jung, divenendo consapevole degli aspetti negativi della propria Ombra, non li proietta più all'esterno ma si confronta costruttivamente con essi, attraverso la riflessione si ripiega in modo cosciente sui propri contenuti inconsci.
L'Albedo consiste in definitiva nella distillazione dell'Io dall'inconscio, l’Ombra si integra nella personalità.
L’ultimo stadio è la Rubedo o opera al rosso; rappresenta la fase in cui la materia si ricompone, fissandosi e sublimandosi sotto l’effetto del fuoco, dello spirito, trasmutandosi in oro, la sostanza incorruttibile, attraverso l’amore.
E’ la fase del ricongiungimento degli opposti, dell’unione di spirito e materia.
Si attua la fusione tra l’Ego e il Sé, culmine del processo di individuazione.
Nella Divina Commedia rappresenta l’ingresso di Dante (energia maschile) e Beatrice (energia femminile) nel Paradiso, il matrimonio alchemico, l’integrazione delle due energie.
In questa fase il soggetto sperimenta: gioia, armonia, apertura alla vita e agli altri, spiritualità, accettazione, pace interiore, amore per sè stessi e amore universale, tolleranza e rispetto.
Più ci si avvicina al proprio Sé, più si è in connessione con la coscienza universale, si riesce a leggere i segni che arrivano dalla vita e dalle persone che si incontrano, la sincronicità di cui Jung ha profusamente scritto, si è nella gratitudine e nell’amore, si accoglie l’altro perché è uno specchio, è una parte di noi in questo ologramma che è la realtà.
Si realizza, così, la pietra filosofale, l’oro, la sostanza catalizzatrice, simbolo dell’alchimia, capace di risanare la corruzione della materia.
I simboli della rubedo sono: Sole, la fenice, il leone che consuma il sole.

Utilizzo nella mia pratica clinica le fotografie come strumento per sciogliere nodi, facilitare l’emersione delle emozioni bloccate che, con la mia “cassetta degli attrezzi” di psicologo, vengono elaborate, comprese e disciolte, insieme e con il paziente.
L’osservazione di alcune foto, significative per il soggetto, silenziosa e prolungata, rievoca le emozioni, con tutta la loro potenza, si ritorna a quel preciso istante, come in una macchina del tempo.
Ho conosciuto quest’arte da mio padre, Giovanni, che è stato, come amava definirsi, un “artigiano della fotografia”.
Sono cresciuta tra le fotografie, mio padre aveva sempre tra le mani una macchina fotografica e di ogni momento familiare scattava delle foto, fissando quegli istanti.
Da bambina mi chiedevo perché avesse scelto questa professione, nel tempo ho dato una mia interpretazione: mio padre perse sua madre a 7 anni, i ricordi di sua madre erano pochissimi e sfumati, il desiderio di fotografare nasceva in lui dalla necessità, dall’urgenza di regalare all’eternità dei fotogrammi, dei momenti della vita, per compensare quel cassetto vuoto nella sua memoria, rendendoli eterni.
Il tempo non esiste, è una creazione della mente, è un’illusione.
La coscienza crea l’illusione del movimento, sappiamo che 24 immagini al secondo vengono percepite dall’occhio come movimento, ma in realtà sono fotogrammi sui quali sono fissati momenti, emozioni, nell’eternità del nostro cuore.
La nostra vita, quindi, è una successione di adesso, nell’archivio della memoria.
Ho voluto inserire l’immagine di una bambina che se ne va di spalle per comunicare l’importanza della relazione con il nostro bambino interiore. Se non recuperiamo il contatto con lui, sarà costretto ad andarsene e rimarremo monchi di questa meravigliosa relazione che ci può davvero guarire.
Utilizzando le fotografie rendo omaggio alla memoria di mio padre, che ringrazio dal profondo del mio cuore.
Offro a chi legge un mio personale vademecum sulle attività da fare quotidianamente per il ben_essere:
·       Meditazione: 15/20 minuti al giorno, calma la mente e pone in osservazione di sé stessi, permette di trovare lo spazio tra due pensieri e ad entrare nel campo della coscienza allargata. Essa, inoltre, svolge un potente effetto sull’ intestino e sul microbiota, migliorando l’infiammazione e alleviando i disturbi. Aumenta gli enzimi che riparano i telomeri (piccole porzioni di DNA situati alla fine dei cromosomi che impediscono all’elica di sfibrarsi, di durare di più.)
·       Attenzione ai pensieri: Giordano Bruno disse “Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia”, quindi attenzione ai nostri pensieri con i quali creiamo la nostra realtà. Quando abbiamo dei pensieri “negativi” capovolgiamoli in positivo. Il pensiero crea. Yogananda scrisse “La mente è l’artefice di tutte le cose. Voi dovete indurla a creare soltanto il bene. Se, con tutta la forza della volontà dinamica, vi concentrerete su un determinato pensiero, alla fine lo vedrete prendere una tangibile forma esteriore. Quando riuscirete a servirvi della volontà esclusivamente per scopi costruttivi diverrete padroni del vostro destino.”
·       Stare in presenza: cito il Maestro Aivanhov, “Iniziate cercando di cogliere la bellezza interiormente e la vedrete anche all’esterno, perché il mondo esteriore, oggettivo, altro non è che un riflesso del vostro mondo interiore, del vostro mondo soggettivo. Che si tratti della bellezza, dell’amore o della saggezza, è quasi inutile cercarli all’esterno se non avete cominciato a scoprirli in voi.”  Stare in presenza significa stare nell’adesso, percepire ogni cosa, essere centrati.
·       Avere un obiettivo: Il tuo scopo nella vita è quello di trovare uno scopo e dargli tutto il tuo cuore.” Parole di Buddha.
·       Fiducia: affidarsi e fidarsi, di sé stessi, degli altri, farlo ci salva dall’angoscia provocata da eventi o moti interiori e ci pone in una condizione di accoglienza e di ricevimento dell’aiuto necessario per il nostro viaggio in questa dimensione.

La consapevolezza ha il potere di guarire, la forma di energia più potente è la coscienza pura che risiede in tutte le cose sempre.

Il sole è il mio cuore” Thich Nath Hanh
Quando siamo nella gratitudine e nell’amore entriamo in risonanza con il campo della pura consapevolezza.
Siamo in coerenza, lo stato quantico dove accade ogni cosa istantaneamente.
"La nostra vita è lo strumento mediante il quale compiamo esperimenti con la verità." Thich Nath Hanh

Con amore
Dott.ssa Maria Burgarella









martedì 19 novembre 2019

Partecipazione al Festival dell'Illustrazione e della letteratura per l'Infanzia "Illustramente"



Ci sarò anch'io! 
Domani 20 novembre alle ore 15 argomenterò su "La fiaba e la psiche" insieme a Patrizia Boi, Palazzo Chiaramonte Steri, Sala delle Capriate, Palermo.
Il giorno 23 dalle 10 alle 11.30 ai Cantieri Culturali della Zisa, affronteremo il tema della fiaba come strumento di apprendimento nella scuola.
La fiaba come strumento nella scuola
La scrittrice Patrizia Boi, autrice del romanzo fiabesco Mammoy, di Catorchio, Cletus e altre avventure (edito da Dei Merangoli Edizion
i, illustrazioni di Niccolò Pizzorno) e la psicologa Maria Burgarella illustreranno l’incontro tra le due grandi isole, la Sicilia e la Sardegna, attraverso la fiaba. Nel Mar Mediterraneo, che unisce uomini e destini, il mondo acquatico e quello botanico, sospeso tra moderno e antico, è possibile effettuare un viaggio iniziatico che consenta l’integrazione tra scienza e spiritualità, tra razionalità e intuito, tra maschile e femminile, tra ingegneria e poesia. La narrazione può diventare educazione ambientale, risveglio del bambino ecologico, dialogo multiculturale tra i viandanti di paesi diversi, strumento formativo per sviluppare la creatività nell’infanzia e nell’adolescenza, ma anche il bambino interiore dell’adulto. 👇🗣🧚‍♀️🧜‍♀️