martedì 28 dicembre 2021

Cyberpunk e arte contemporanea. Incontro con Jessica Licari @darkviola.art

 

Cyberpunk e arte contemporanea

Incontro con Jessica Licari

27 DICEMBRE 2021, 
La Sotheby’s “virtuale” nel metaverso NFT
La Sotheby’s “virtuale” nel metaverso NFT

Vi sarà capitato probabilmente di vedere una delle tante versioni cinematografiche del romanzo di Mary Shelley Frankenstein, pubblicato nel 1818, e di essere stati affascinati e terrorizzati dal mostro e dal suo creatore che, seppur mosso da buone intenzioni, non riesce più a controllare la sua creatura. Ebbene, questo romanzo viene considerato il precursore del cyberpunk, una corrente della fantascienza che ha influenzato l’arte dei nuovi media sia a livello concettuale che estetico, le cui pratiche più attuali si sono sviluppate attorno ai concetti espressi nel cyberpunk, dall’esplorazione del corpo come interfaccia tecnologica all’uso delle tecnologie virtuali.

Shelley introduce l’idea della mostruosità e della paura del diverso, incarnando nella creatura artificiale i pregiudizi dell’umanità, ma anche l’idea del rischio di disumanizzazione degli individui per mezzo della tecnologia.

Altri precursori del genere di fantascienza sono Jules Verne e H.G. Wells. Quest’ultimo ha introdotto nelle sue opere diversi temi divenuti dei classici del genere: i viaggi nel tempo, l’annientamento del mondo e la lotta tra umani e alieni. Ricordiamo La macchina del tempo del 1895 e La guerra dei mondi del 1898. Wells esprime una profonda preoccupazione verso la degenerazione culturale e il potenziale potere distruttivo dello sviluppo tecnologico. Già nelle prime pagine de La guerra dei mondi l’autore traccia l’immagine di un’Inghilterra vittoriana basata sull’egocentrismo, sul declino della cultura imperiale e sull’erosione delle sue certezze.

La prima definizione di fantascienza è stata formulata dall’ editore della rivista Amazing Stories, Hugo Gernsback, con queste parole: “Per ‘scientifiction’ intendo il tipo di storie di Jules Verne, H.G. Wells e Edgar Allan Poe – un romanzo affascinante mischiato con fatti scientifici e una visione profetica. Le nuove invenzioni descritte per noi dalla scientifiction di oggi non sono affatto impossibili da realizzare domani”. Dal termine scientifiction deriva l’odierno science fiction, spesso abbreviato in Sci-Fi.

Parliamo di cyberpunk con l’artista Jessica Licari, mia nipote, laureatasi recentemente in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti ‘Mario Sironi’ di Sassari, con una tesi premiata con 110 e lode intitolata Cyberpunk e l’arte dei nuovi media, in cui analizza l’impatto del cyberpunk nell’arte contemporanea.

Jessica quando nasce il cyberpunk?

Il cyberpunk nasce verso la fine degli anni Settanta, quando la sottocultura punk insegnava una nuova dimensione della realtà attraverso rappresentazioni trasgressive, musica dal ritmo veloce e ricca di informazione, e quando gli autori della fantascienza erano diretti più verso un viaggio interiore piuttosto che un viaggio spaziale.

Tra i precursori, oltre le tematiche della sottocultura punk e della cibernetica, vi sono il romanzo poliziesco e il cinema noir caratterizzato da: l’uso del prologo, l’ambientazione urbana, la nebbia e la pioggia usate per creare un’atmosfera piena di mistero.

Per molti ricercatori e critici del genere, il cyberpunk è stato visto come una rappresentazione di un nuovo mondo postmoderno. I romanzi cyberpunk possano essere letti come una sorta di teoria sociale che può dirci come sarà il futuro prossimo, dove le nostre vite vengono in continuazione trasformate e ridefinite dalla tecnologia. In generale, il cyberpunk è costruito attorno alla questione dell'impatto della tecnologia sulla natura dell'esistenza umana, in particolare attraverso le reti di computer, la realtà virtuale e la biotecnologia. Questo tema, anticipato da Dick nel suo romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, è rafforzato dall'interazione degli umani con intelligenze artificiali, androidi, cyborg, corpi simulati dal computer, mutanti e cloni, e da lì la ricerca degli autori si concentra su ciò che distingue il naturale dall'artificiale. Nel cyberpunk i limiti tra l'umano, la sua rappresentazione tramite l’uso di software, la ricostruzione dell’umano e le macchine umane sono molto difficili da distinguere.

L’autore più importante è William Gibson, di cui è fondamentale il suo romanzo del 1984 Neuromante, che introduce il concetto di cyberspazio, una tecnologia virtuale più avanzata dell’odierna realtà virtuale, ipotizzando la possibilità di una diretta connessione neurale tra il cervello umano e il computer, attraverso delle prese situate dietro il collo che possono ricevere dei chip e dare così accesso alla memoria digitale. Una volta effettuata la connessione, i corpi e le menti umane non solo sono in grado entrare in una relazione personale con il computer, ma sono anche in grado di accedere alla realtà virtuale per eccellenza, il cyberspazio, e di interagire con altri corpi e menti nella costruzione di interi nuovi mondi a partire dai dati. Il cyberspazio, però, non è una realtà virtuale: è una ‘allucinazione consensuale’, un’esperienza governata dal computer e a volte fatale che esiste all’interno della mente umana.

Cosa rappresenta l’unione tra cyber e punk?

Premetto che il cyberpunk è stata una corrente degli anni Ottanta le cui radici non sono puramente letterarie. La parola stessa, cyberpunk, è composta dalla parola cyber che si riferisce alla scienza e in particolare alla cibernetica, e dalla parola punk che si riferisce alla sottocultura musicale. Il cyberpunk ha manipolato l’ambiguità della teoria cibernetica, utilizzando termini popolari e associandoli al punk, una sottocultura che minava tutti i valori precedentemente accettati, un autostupefacente e automutilante rifiuto di dare dignità o fiducia a tutto ciò che ha determinato il mondo attuale.

La letteratura cyberpunk riesce a catturare lo status provvisorio di tutte le definizioni di valore, razionalismo e verità, rifiutando radicalmente l’ethos stabilito. Unisce il razionale con l’irrazionale, il nuovo con il vecchio, la mente con il corpo, integrando le strutture efficienti dell’alta tecnologia con l’anarchia delle sottoculture urbane, il sovrapporsi di mondi che erano formalmente separati: il regno dell’high-tech e il moderno pop underground, mescolando dunque l’high-tech e bassifondi, città globalizzate, multinazionali, saturazione informatica e personaggi principali provenienti da una classe inferiore precaria che si nascondono da qualunque autorità organizzata.

Viviamo l’era della cibernetica, della comunicazione e del controllo, ma qual è l’idea centrale della cibernetica?

La parola cibernetica è stata coniata nel 1948 dal matematico Norbert Wiener che intende per cibernetica l’idea che se il corpo umano può essere concepito come una macchina allora è anche possibile progettare macchine che simulano l’essere umano. La macchina così progettata è un organismo cibernetico, un contratto tecnologico che replica il corpo umano sulla base della comprensione delle somiglianze tra macchine e organismi viventi.

In che modo il cyberpunk ha influenzato l’arte contemporanea?

È impossibile capirne l’impatto senza far riferimento alla sua espressione visiva attraverso il cinema. Blade Runner del 1982 rappresenta un classico del genere di cinema cyberpunk caratterizzato da: la relazione con le tecnologie virtuali, la commistione tra tecnologia e mitologia, l'idea del corpo, genere e sessualità, la città, il gotico e il sinistro, ma anche riferimenti alla politica e alla società. Inoltre, nel cyberpunk, il senso della memoria sembra avere una forma sintetica in continua evoluzione. I ricordi sono immagini che non vengono generate dall'esperienza personale, ma dal flusso continuo di informazioni che si impiantano nei cervelli dei protagonisti. Un esempio è il romanzo di William Gibson da cui è stato tratto il film Johnny Mnemonic dove Johnny è un trafficante di dati che ha subito un intervento chirurgico cybernetico per farsi impiantare nella testa un sistema di archiviazione dati, dove poter conservare i dati digitali troppo sensibili a rischio di trasmissione sulle reti informatiche. Per mantenere al sicuro il carico, i dati sono bloccati da una password nota solo al destinatario previsto da Johnny, visto che egli entra in una sorta di trance durante il trasferimento dei dati, rendendolo ignaro dei contenuti che trasmette e impossibilitato a recuperarli.

I film del decennio generalmente considerati capolavori del cyberpunk includono il film Ghost in the Shell diretto da Mamoru Oshii del 1995 (dove il corpo è presentato come un qualcosa da trascendere, una tappa nella trasmigrazione delle anime) e Matrix delle sorelle Wachowski del 1999, dove il mondo apparentemente reale in cui viviamo è in realtà un mondo simulato.

Le visioni di questi ed altri autori cyberpunk si sono tradotte in sviluppo tecnologico, opere d'arte, cinema, design, moda, videogiochi e reti di comunicazione, e tutte queste componenti insieme sintetizzano un'estetica contemporanea.

La figura del cyborg, ovvero organismo cibernetico, racchiude in sé molte ansie contemporanee sull’incontro tra il naturale e l’artificiale, e riguardo l’idea che non ci siano chiare distinzioni tra l’umano e il non umano, il biologico e il tecnologico, l’originale e la copia. Il cyborg è praticamente un umano migliorato, idealmente capace di sopravvivere in mondi extraterrestri.

Un esempio di cybernetic body art sono le performance di Stelarc che dal 1968 al 1970 costruì una serie di tribune chiamate Sensory Compartments, fabbricando degli elmi con occhiali che dividevano la visione binoculare di chi li indossava, immergendolo in un mondo di immagini sovrapposte, dove l’utente veniva assaltato dalle luci, dal movimento e dal suono. Le performance di Stelarc sono cyberpunk allo stato puro dove la distinzione tra controllore e controllato sfuma, in una estensione simultanea del sistema ad alta tecnologia e di lui stesso come estensione di quest’ultimo.

Dagli anni Novanta diversi artisti hanno creato installazioni artistiche utilizzando la ‘realtà virtuale’, che è simile al Metaverso descritto da Neal Stephenson, il più importante scrittore post-cyberpunk. Le generazioni odierne sono abituate agli ambienti virtuali tridimensionali, attraverso la larga diffusione di videogiochi come World of Warcraft o League of Legends. Le nuove tecnologie di realtà virtuale sono sperimentate in campo artistico in quella che viene definita come ‘arte interattiva’.

Inoltre, sempre negli anni Novanta, sono nate l’Arte Biotelematica, in cui il processo biologico è connesso alle reti digitali, e la Bio Art basata sull’uso di tecniche di ingegneria genetica al fine di creare organismi viventi unici.

Più recentemente, il cyberpunk ha influenzato anche la crypto arte e gli NFT, di cui si è sentito parlare molto ultimamente. Giusto per fare un paio d’esempi: il progetto CryptoPunks del 2017, considerato l’inizio del movimento della crypto arte, si rifà non solo all’estetica punk ma anche a quella cyberpunk, e la famosa casa d’asta Sotheby’s ha inaugurato una nuova sede proprio nel metaverso NFT.

Quali sono gli effetti della cybercultura nella società odierna?

Nel cyberpunk i personaggi hanno la possibilità di poter modificare il proprio aspetto a piacimento, oltre agli impianti cibernetici, anche attraverso la chirurgia estetica. Come avviene con le app di bellezza capaci di modificare il proprio aspetto sia nelle fotografie che nei video, utilizzando dei filtri, dilagano sui social selfie che non rispecchiano la realtà fisica.

I sistemi digitali hanno permesso la creazione di esempi di bellezza postumani, si possono modificare i tratti del volto e del corpo con software di grafica. Addirittura, è stato quantificato e inserito in uno schema facciale computerizzato il ‘volto perfetto’, confrontando il volto di un paziente con lo schema i dottori possono determinare i tratti che occorre correggere.

Il primo essere umano considerato il primo cyborg è Neil Harbisson, un artista che ha alterato sia il suo corpo che il suo modo di percepire grazie all’antenna impiantata nel suo cranio. L’eyeborg gli permette di sentire le immagini e dipingere i suoni, è abilitato al Bluetooth per cui può connettersi a Internet e ai dispositivi vicini.

In conclusione abbiamo compreso l’importanza del cyberpunk nella creazione della cultura contemporanea e nelle pratiche artistiche dei nuovi media, ma che effetto ha avuto sulla psiche collettiva?

Nel 2021, l’idea del cyberspazio di William Gibson potrebbe non sorprendere dal momento che, senza il bisogno di impianti neurali, siamo riusciti ad essere perennemente connessi ad internet tramite gli smartphone e altri dispositivi elettronici. Viviamo iperconnessi in un’epoca in cui la costruzione dell’identità e della realtà, così come la comunicazione digitale, la fruizione di diversi contenuti multimediali e la pratica artistica, avvengono attraverso l’uso della tecnologia. Anche se Internet è molto diverso dal cyberspazio, "l’allucinazione consensuale" la visitiamo ogni giorno.

Gli artisti cercano di rappresentare la condizione umana in un mondo saturo di tecnologie cibernetiche che non solo minano le precedenti categorie etiche ed estetiche, ma fanno anche crollare la distanza tra il senso dell'esistenza sociale reale e la speculazione fantascientifica. I protagonisti dei romanzi del cyberspazio lavorano tutti per restituire valore e significato alle loro vite. Gibson ha predetto sia gran parte della tecnologia che usiamo tutti i giorni, ma anche quanto essa possa essere dannosa ed isolante per la mente umana.

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Maria Burgarella
Nata a Trapani e laureata in Psicologia all’Università “La Sapienza” di Roma, è studiosa di Alchimia Trasmutativa, psicologia quantistica, tecniche a mediazione corporea. La passione per l’arte e la scrittura si integrano nel suo approccio olistico alla comprensione della Psiche.

sabato 27 novembre 2021

Panfluencer, esseri umani connessi con la natura.

 

Panfluencer

Esseri umani connessi con la natura

27 NOVEMBRE 2021, 
Il panfluencer è colui che ha il compito di diffondere il panismo, quella simbiosi perfetta tra uomo e natura
Il panfluencer è colui che ha il compito di diffondere il panismo, quella simbiosi perfetta tra uomo e natura

Ultimamente assistiamo ad un’amplificazione degli stati d’animo disarmonici, complice la ridondante informazione mediatica basata sulla chimica della paura con effetti devastanti sulla psiche delle persone, causando una psicosi di massa i cui sintomi sono già evidenti. La paura incombe nelle menti e nei corpi, i disturbi psicosomatici colpiscono sempre più le persone, disorientate dalla perdita di punti di riferimento e dalla paura sia del presente che del futuro in uno scenario angosciante che sembra non avere fine. Parole come difesa e sicurezza predominano nella narrazione corrente, già… si vive difendendosi da tutto, dai virus, dai cambiamenti climatici, i vaccinati si difendono dai non vaccinati e viceversa, la corazza delle difese si fa sempre più spessa al fine di sentirsi sicuri…ma la vita è un continuo rischio! Viene così stravolto e negato il messaggio cristico che vuole gli esseri umani senza difese, arresi al divino che tutto governa e che soprattutto invita ad aver fede… spintonata dallo “scientismo dogmatico” che Karl Popper definisce con queste parole:

Se lo scientismo è qualcosa, esso è la fede cieca e dogmatica nella scienza. Ma questa fede cieca nella scienza è estranea allo scienziato autentico. Non si può designare nessuno dei grandi scienziati come scientista. Tutti i grandi scienziati furono critici nei confronti della scienza. Furono ben consapevoli di quanto poco noi conosciamo.

Ciò che distingue lo spirito critico dallo scientismo dogmatico è l’ammissione che la scienza procede per ipotesi e non è in grado di produrre verità assolute.

Uno dei disturbi d’ansia maggiormente esplosi è l’attacco di panico, caratterizzato da intensi stati d’ansia con la relativa sintomatologia fisica e psicologica (palpitazioni, tachicardia, tremori, vertigini e capogiri, sudorazione, sensazione di soffocamento, dolori al petto, parestesie, nausea e disturbi addominali, paura di perdere il controllo, derealizzazione ovvero percezione del mondo esterno come strano e irreale e infine depersonalizzazione cioè alterata percezione di sé ed estraneità ai propri processi di pensiero o dal corpo) che si presenta in maniera imprevedibile, improvvisa, senza una causa scatenante, e che provoca la paura di perdere il controllo, di morire addirittura.

Il panico è quella sensazione di paura sia individuale che collettiva (isteria di massa) che nasce dalla percezione di un pericolo reale o immaginato, che conduce ad atti illogici e irragionevoli. Irrompe nella psiche prepotentemente quando si vivono esperienze di perdita di coscienza del senso di sé.

Il termine panico deriva dal dio greco Pan, simbolo della natura e dell’universo, è ciò che anima ‘tutto’. Ma è anche riferibile a Phanes ‘colui che porta la luce’ ed anche all’eroe solare vedico Pushan ‘colui che fa prosperare’.

Pan è un essere ibrido, mostruoso: bimbo peloso con il viso di capra, riempie di terrore la propria madre che l'abbandona alla nascita. Dell'animale Pan ha le zampe, il sesso, la piccola coda, il pelo e la testa; dell'uomo ha la stazione eretta, il busto e le mani.

(P. Borgeaud)

Hermes, il padre, dopo averlo avvolto in una pelle di lepre lo porta sull’Olimpo, dove viene accolto gioiosamente da Dioniso. La lepre è un animale sacro ad Afrodite, Eros e alla Luna, appartiene al mondo dionisiaco e l’essere avvolto nella sua pelle simbolizza l’appartenenza a quell’universo e fa sì che le gesta di Pan abbiano dei significati ermetici, simbolici.

Pan è colui che genera l’umanità: figlio di Hermes e della ninfa Driope, è il dio pastore dall’aspetto di un satiro, raffigurato con zampe irsute e corna caprine, mentre il busto è umano, il volto barbuto dall'espressione terribile. Vaga per i boschi, spesso per inseguire le ninfe, mentre suona e danza. Il suo aspetto sgradevole lo porta a esercitare il suo potere generatore anche con la violenza non disprezzando neanche le unioni carnali con animali, James Hillman infatti sostiene che Pan sia l'inventore della sessualità non procreativa e della masturbazione.

Se disturbato emette urla terrificanti che spesso spaventano anche lui. Un dio selvaggio, potente e irruento, amante della musica e della danza, velocissimo nella corsa e abilissimo saltatore. Ma anche generoso e sempre pronto ad aiutare chi glielo chiede. Un dio che è collegato alla paura, irrompe nella psiche al suono potente e ipnotizzante dei suoi zoccoli e del suo flauto. È il richiamo della natura, della vita, è la voce tonante che distrae la mente dal suo continuo chiacchiericcio, dal vano tentativo di dominare e controllare tutto. Proprio quando si abbassano le difese Pan fa il suo ingresso nella psiche ricordandoci il suo potere, ci sussurra che il panico non è un nemico ma un amico che mostra le zone d’ombra, quel serbatoio di energie vitali che servono per realizzare se stessi.

Infatti proprio per le sue caratteristiche è legato alle forze della Grande Madre, alla Terra, alla Luna ed alla fertilità dei campi, è quindi un archetipo principale che ha radici profonde nella coscienza collettiva dell’intera umanità.

La paura di Pan è la paura del mondo, della vita, di se stessi, della morte, dell’energia libidica istintuale che pervade la natura. Prende il sopravvento quando vengono negati gli istinti profondi, viscerali, naturali che hanno l’urgenza di essere soddisfatti. Nelle culture ancestrali tali istinti erano contestualizzati, incanalati, integrati nella struttura della personalità attraverso la sacralità dei riti, mentre nella cultura moderna essi sono separati a compartimenti stagni ed esplodono nella violenza, nella sopraffazione, nella discriminazione.

E l’attacco di panico è la manifestazione di questa profonda paura, dal mancato riconoscimento di pulsioni ed emozioni funzionali invece al nostro ben-essere. Se il mondo è la proiezione delle immagini psichiche allora il panico è il terrore che scatenano in noi tali immagini. E qui il processo alchemico si inserisce come strumento di pacificazione, di trasmutazione delle emozioni paniche correlate agli eventi e alle immagini in tasselli da includere nel puzzle di noi stessi.

Il panico è quindi frutto della mente che identifica se stessa separata da tutto il resto, che non ha sperimentato la fusione toroidale con tutti gli elementi naturali visibili e invisibili, al contrario della mente ampliata che ha già attuato la fusione degli opposti attraverso l’amore, che ha banchettato con la materia nelle sue infinite manifestazioni, godendone appieno in un amplesso rinvigorente.

Amare Pan significa amare la natura intesa come la totalità dei fenomeni e delle forze che si manifestano nell’Universo. Il termine natura deriva dal greco physis e tradotto in latino significa ‘ciò che sta per nascere’, comprendendo varie dimensioni della realtà: terra, piante, animali, ecosistemi. Vorrei qui citare la famosa ‘Ipotesi Gaia’ ovvero la teoria anticipata nel diciassettesimo secolo da Giovanni Keplero e ripresa da James Lovelock nel 1969, secondo la quale tutti gli esseri viventi sulla Terra convergerebbero in un unico organismo capace di autoregolarsi per favorire la vita chiamato Gaia, dal nome della dea greca.

Pan giace in un sonno profondo nella psiche sia individuale che collettiva, è stato rimosso anche a opera del cristianesimo che lo ha associato al demonio, al male che altro non è che la perdita della connessione soggettiva con la natura e le forze istintuali. Svegliamolo dal sonno e dialoghiamoci.

Così di moda in questo periodo storico sono gli influencer, persone che influenzano altre attraverso i vari social, blog, portatori di messaggi e immagini che spaziano dalla moda, al cibo, ai viaggi, all’essere cool, vincenti, di successo.

Ho coniato il termine ‘panfluencer’ riferendolo a colui che ha il compito di diffondere il panismo, quella simbiosi perfetta tra uomo e natura che pone l’Io sullo sfondo. Colui che crea un collegamento immaginale tra uomo e natura, che contribuisce a creare il senso di comunità, non così presente nella cultura occidentale.

Abbiamo bisogno di pan-fluencer, di individui connessi alla natura, che la amano e sanno di esserne parte integrante, non distinta, che amano la vita e che sponsorizzano la frugalità, l’essenzialità, che seguono la filosofia del togliere anziché dell’accumulo di cose sovente superflue. I nuovi selvaggi che si sono liberati degli orpelli consumistici, dell’idea di competere per essere persone di successo, che poi cos’è se non un’illusione? Che non si identificano con gli oggetti e non inseguono falsi valori.

Io canto Pan, il ninfageta, essere caro alle Naiadi, orgoglio dei cuori d'oro, principe di una musa leggiadra. Dal suo flauto eclatante versa un poema pieno di divinità; dopo, a passi leggeri, si slancia per i canti sugli antri ombrosi, movendo il suo corpo infinitamente cangiante, il bel ballerino, il bel viso risplendente della sua bionda barba: il panico di Eco sale fino allo stellato Olimpo, inonda la folla degli dèi del Monte d'una musa immortale. La terra tutta intera ed il mare sono pregni della tua arte, perché tu, tu sei il sostegno di tutto. Oh, sì, Pan, Pan!

(Inno di Pindaro per invocare Pan)

Nel panorama dei movimenti che hanno questo tipo di mission vorrei segnalare al lettore Fruttalia.it, un progetto di ri-evoluzione armonica umana che oltre a occuparsi di ben-essere, studio e ricerca su alimentazione naturale, fruttarismo, ecologia, veganismo, ha sviluppato un progetto di cooperazione umana chiamato ‘Ubuntu’, il motto “Io sono felice se tu sei felice” sul quale si basa la vita nei villaggi africani. Il progetto si ispira alla vita cooperativa di aiuto integrato che si vive nei villaggi in cui non esiste il denaro, e ognuno ha un compito, ed a nessuno manca nulla. Uno degli obiettivi è creare una tribù moderna che non rinuncia al progresso sociale e alla tecnologia, ma anzi li usa e sviluppa integrandoli ad una vita naturale autosostenibile.

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Maria Burgarella
Nata a Trapani e laureata in Psicologia all’Università “La Sapienza” di Roma, è studiosa di Alchimia Trasmutativa, psicologia quantistica, tecniche a mediazione corporea. La passione per l’arte e la scrittura si integrano nel suo approccio olistico alla comprensione della Psiche.

martedì 2 novembre 2021

https://wsimag.com/it/cultura/67387-prometeo-il-ribelle

 

Prometeo, il ribelle

La ribellione salva l’uomo dalla schiavitù del potere

27 OTTOBRE 2021, 
Il ribelle è il portabandiera dei visionari che a poco a poco accrescono la levatura etica dell'uomo
Il ribelle è il portabandiera dei visionari che a poco a poco accrescono la levatura etica dell'uomo

Con acqua e terra Prometeo plasmò gli uomini e donò loro il fuoco che celò in una ferula, di nascosto da Zeus.

(Apollodoro)

Si potrebbe definire ribelle colui che combatte le forze superiori rappresentate dalle divinità, dal destino o dal potere dispotico economico-politico-sociale, che dominano l’essere umano reprimendone la libertà, la vitalità, pur sapendo che può fallire nel suo intento. Senza i ribelli la società si congelerebbe nel conformismo, nel vittimismo, nell’appiattimento, nella rassegnazione, mortificando il pensiero critico nell’analizzare il quadro complessivo della situazione.

Fino a quando tra noi ci saranno dei ribelli avremo ragione di sperare che la nostra società possa essere salvata. Il ribelle è il portabandiera dei visionari che a poco a poco accrescono la levatura etica dell'uomo...

(René Jules Dubos, ambientalista e umanista)

La filosofia umanistica di Dubos è illuminante per comprendere la connessione tra l’ambiente e lo sviluppo fisico-mentale-spirituale dell’umanità, egli pensa che la vita e la natura umana siano flessibili, dinamiche, in continuo mutamento e che l’evoluzione sociale consista nella modulazione delle azioni sociali dal locale al globale, il suo motto infatti è: “Pensa globalmente, agisci localmente”.

Cito Dubos perché si collega al processo di disumanizzazione della vita al quale stiamo assistendo da tanto tempo, a piccoli passi, alla miopia della visione che non guarda lontano, non è lungimirante nel considerare gli effetti delle scelte dettate da comportamenti aggressivi per accumulare sempre più denaro e prestigio, dalla distruzione dei paesaggi e del patrimonio storico e monumentale, dallo spreco delle risorse naturali e dall’uso privo di etica della tecnologia che rappresenta una minaccia anche per la salute degli esseri umani. A tutto ciò si ribellano coloro i quali hanno una visione allargata e futurista della realtà, hanno a cuore il bene degli altri e i valori fondamentali che ci rendono ‘umani’ e che costituiscono le basi per lo sviluppo evolutivo della società. L’aspirazione naturale dell’uomo è l’amore, la solidarietà, la compassione, l’armonia. Il possesso origina la brama di potere che inquina tale aspirazione e che conduce l’uomo a svalutare se stesso.

Colui che desidera assicurare il bene di altri si è già assicurato il proprio.

(Confucio)

L’origine della condizione esistenziale umana è l’atto di ribellione di Prometeo, dal greco antico “colui che riflette prima”, che simboleggia la sfida all’autorità e alle leggi imposte vincolate alle ideologie sottostanti.

Prometeo è un titano figlio del titano Giapete e della oceanina Climene, i titani sono nella mitologia greca gli dei generati da Urano e Gea. Amico dell’umanità, rubò infatti il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, ribellandosi al potere di Zeus. Prometeo può essere considerato un simbolo di ribellione ma anche come metafora del pensiero ed archetipo di un sapere sciolto dai vincoli del mito, della falsificazione e dell'ideologia.

Il mito racconta che Prometeo aveva cinque coppie di fratelli gemelli, dapprima virtuosi e saggi ma che presi dall’avidità furono puniti dagli dei che distrussero il loro paese.

Contrariamente ai suoi due fratelli Atlante e Menezio che combatterono gli dei insieme a Crono e ad altri titani dopo il diluvio, Prometeo si schierò dalla parte di Zeus ottenendo così la possibilità di accedere all’Olimpo e di partecipare alla nascita di Atena dalla testa di Zeus che lo stimava molto dandogli l’incarico di forgiare l’uomo. Prometeo modellò l’uomo col fango e con il fuoco lo animò. Gli dei affidarono a Prometeo e a suo fratello Epimeteo il compito di attribuire delle buone qualità agli uomini, ma quando il fratello terminò di attribuire alla rinfusa il limitato numero di qualità, Prometeo rubò ad Atena uno scrigno dove erano riposte l’intelligenza e la memoria, donandole agli uomini. A quel tempo gli dei e gli uomini si riunivano per banchettare in allegria e in una di queste riunioni conviviali fu portato un bue che doveva essere spartito tra Zeus e gli uomini, incarico che fu dato a Prometeo che ingannò gli dei con un abile sotterfugio: quando sacrificò l’animale lo divise in due parti, agli uomini destinò le parti migliori nascondendole sotto la pelle del toro mentre agli dei nascose le ossa sotto uno strato di lucido grasso. Poi chiese a Zeus di scegliere ed egli accecato dalla brillantezza del grasso scelse le ossa, accortosi dell’inganno lanciò una maledizione agli uomini e decise di togliere il fuoco e di nasconderlo, all’insaputa di Prometeo.

L’amicizia tra Prometeo e gli uomini era per Zeus una minaccia al suo potere assoluto, gli uomini con le loro qualità avrebbero potuto evolversi e diventare anch’essi potenti ed egli non poteva permetterlo. Risale a questo episodio il rituale di sacrificare animali mangiandone la carne e lasciando le ossa come offerta agli dei.

Ma senza il fuoco gli uomini morivano, così Prometeo mosso da compassione chiese ad Atena di accedere di notte all’Olimpo e dalla torcia nella fucina di Efesto ne rubò una scintilla e la portò agli uomini. Si scatenò l’ira di Zeus che ordinò ad Efesto di forgiare Pandora, la prima donna del genere umano, alla quale gli dei infusero lo spirito vitale e doni meravigliosi, e di offrirla a Epimeteo per punire la razza umana ma egli rifiutò facendo così infuriare Zeus che decise di punire Prometeo incatenandolo a una rupe per poi farlo sprofondare nel Tartaro, il luogo sotterraneo delle tenebre. Ordinò poi che ogni giorno un'aquila gli squarciasse il petto e gli dilaniasse il fegato, che gli ricresceva durante la notte. Epimeteo triste per la sorte del fratello decise alla fine di sposare Pandora che, ignara del tranello ordito da Zeus, aprì il vaso regalatole da lui che conteneva tutti i mali preposti per affliggere l’umanità: la vecchiaia, la malattia, la fatica, la passione e la morte, solo la speranza rimase nel vaso frettolosamente richiuso, l’unica fonte di sollievo dalla disperazione che è rimasta agli uomini. Così si attuò lo spietato piano di Zeus, ma dopo molti anni Eracle, il semidio dalla forza sovrumana, passando dalla regione del Caucaso, trafisse con una freccia l'aquila che tormentava Prometeo e lo liberò spezzando le catene.

Alla fine al ribelle Prometeo viene concessa la libertà perché ha agito in nome degli ideali di giustizia, di bene. Egli agisce furbescamente per sovvertire l’autorità il cui intento è quello di mantenere lo status quo, il potere, imponendo regole ingiuste, quasi malvage e ne paga lo scotto di cui è consapevole ma che non lo fa indietreggiare nella sua lotta, non conosce il suo destino ma combatte per amore degli uomini.

Albert Camus diceva «sono ribelle, quindi esisto». Ma ribelli si nasce?

L’anticonformismo così come il conformismo sembrano possedere una base biologica innata nella struttura del cervello. Secondo una ricerca scientifica condotta dall’Università di New York in collaborazione con la danese Aarhus University e il Wellcome Trust Centre of Neuroimaging dell’University College di Londra, pubblicata sulla rivista Current Biology, la tendenza ad adattarsi ai comportamenti e alle opinioni altrui dipende dal volume di materia grigia presente in un’area del cervello chiamata corteccia orbitofrontale laterale.

A volte la ribellione riesce a ribaltare l’autorità, altre volte conduce ad una esistenza solitaria, controcorrente ed emarginata. Senza i ribelli, però, non sarebbero state abbattute le dittature, l’ingiustizia sociale dilagherebbe incontrollata, il mondo sarebbe sempre se stesso, con padroni e schiavi, senza coraggio e possibilità di discussione. Il ribelle è colui che non dà nulla per scontato, che non giustifica ogni imposizione, ma la verifica con spirito critico. Egli non si adatta ad una Legge ingiusta, ma si stupisce, ne osserva i limiti guardandola da molteplici punti di vista, la confuta e cerca di cambiarla. Per Platone, infatti, la Legge, se ingiusta, va messa in discussione, motivo per cui è sacrosanto ribellarsi ad essa.

È pur vero che la libertà si conquista anche con l’esercizio dello spirito critico e del coraggio, ma in primo luogo proviene sempre da una condizione interiore. È una aspirazione che riguarda la natura umana stessa, spesso incapace di liberarsi dai suoi legami e schiavitù.

Secondo il filosofo mistico indiano Sri Aurobindo (1872-1950), per l’appunto:

Tutto il mondo aspira alla libertà, e tuttavia ciascuna creatura è innamorata delle proprie catene. Tale è il primo paradosso e il velo inestricabile della nostra natura.

Il viaggio dell’eroe inizia sempre da una ribellione, da una rottura di schemi limitanti, sovente i ribelli vengono svalutati e considerati le pecore nere ma la loro azione deflagrante permette sia ai sistemi familiari disfunzionali che alle società di evolvere. Essere ribelli è scomodo, richiede coraggio. La trasgressione delle regole imposte che vengono ritenute ingiuste anche dagli altri componenti che siano famiglie o gruppi sociali, attuata dall’anticonformista liberano anche gli altri che temendo il cambiamento rimangono inermi.

Mi piace pensare, per dirla con Rita Levi-Montalcini, che:

Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.

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Maria Burgarella
Nata a Trapani e laureata in Psicologia all’Università “La Sapienza” di Roma, è studiosa di Alchimia Trasmutativa, psicologia quantistica, tecniche a mediazione corporea. La passione per l’arte e la scrittura si integrano nel suo approccio olistico alla comprensione della Psiche.