Negli ultimi tempi abbiamo assistito alla proliferazione sul web e sui media di tutorial e programmi televisivi tutti incentrati sul cibo e sulle sue infinite preparazioni che durante il periodo di lockdown sono divenuti essi stessi cibo per gli appassionati di cucina e per dilettanti mossi dal bisogno di passare il tempo dilatato. Ma oltre all’aspetto meramente pratico, alla necessità di trascorrere le lunghe ore finalmente ritrovate, vorrei porre l’accento sugli aspetti simbolici legati al nostro nutrimento fisico e interiore.

Molte persone hanno messo le mani in pasta, preparando pizze, pane e cibarie di ogni tipo, svuotando gli scaffali dei supermercati di farine e lieviti vari. Innumerevoli tipi di diete sono di facile accesso per avere una forma perfetta, aderente a quella idealizzata. Negli ultimi anni si è diffusa anche la nutrigenomica, disciplina che studia la relazione tra il cibo e la struttura del DNA, offrendo diete personalizzate in base al DNA.

Eppure dietro a tutto questo rincorrere la forma fisica, un aspetto curato e ben nutrito ci sono infiniti altri significati.

L’atto del mangiare, spesso veloce o distratto, differisce dal nutrirsi poiché in quest’ultimo il cibo assume un significato, viene “informato” da pensieri, intenzioni ed emozioni prima e durante l’assunzione.

Nutrirsi è assolutamente un processo alchemico, è permettere al cibo di entrare dentro di sé, di diventare parte di noi, è una delle esperienze primarie della nostra vita. Pensiamo alla tenerezza della madre verso il neonato che tramuta il sangue in latte, il corpo è un vero e proprio laboratorio alchemico dove il cibo viene elaborato, trasformato, sminuzzato, de-composto, smontato, destrutturato per essere poi trasformato in nutrimento per ogni cellula del nostro organismo.

Sigmund Freud nel suo Totem e tabù descrive l'orda primitiva, una banda di fratelli preistorici dominata da un padre potente e geloso delle proprie donne ma temuto e rispettato, che si organizzò e decise di ucciderlo. Il corpo del padre fu tagliato a pezzi e divorato da tutti i fratelli, fu così introiettato: la forza e il potere del padre, attraverso il sangue, divennero parte di coloro che se ne nutrirono.

La psicoanalisi associa il cannibalismo alla fase orale dello sviluppo libidico e alla componente sadica, al desiderio di incorporazione dell’oggetto amato, sostituito successivamente dall’identificazione.

L’impulso arcaico antropofagico emerge sovente nella relazione amorosa allorché si desidera mordere, quasi mangiare parti della persona amata per incorporarla al proprio interno per sempre, quante volte abbiamo sentito dire: “Ti mangerei!”.

Il cibo, dalla radice greca kapto e poi dal latino capio, prendere, assumere, racchiude in sé un intreccio di simboli e di dimensioni.

Si condivide il pasto con gli amici, con la persona amata, con i familiari e si percepiscono emozioni e sensazioni, prestiamo attenzione ad esse?

Riflettere sulla prima, fondamentale relazione con la madre, facilita la comprensione sul significato simbolico che attribuiamo al nutrimento: come utilizzava gli alimenti nella relazione? Servivano a compensare delle carenze? A ricattarci? A consolarci? O a tanto altro? Ad ognuno la sua riflessione.

Il rapporto con il cibo è come un rapporto d'amore, ci gratifica o riempie un vuoto emotivo, è consolatorio o riparatorio della mancanza, della perdita. Si può mangiare o non mangiare per protesta, per affermare la propria identità, per rabbia o frustrazione, per evitare di contattare le emozioni profonde, per punirsi o punire l'altro.

Il cibo è simbolo e veicolo della libido, l'energia psichica intesa da Jung come spirito vitale, la pulsione di vita che va oltre la sopravvivenza della specie ma investe ogni ambito dell’esistenza. La libido agisce inizialmente nel bambino sulla funzione nutritiva, trasmigra successivamente nella funzione sessuale e prosegue per tutta la vita, trovando sempre nuovi canali di appagamento.

Si può affermare che l'atto del mangiare è femminile, è energia yin secondo la medicina cinese, incorporare il cibo infatti è fare spazio all'interno del corpo proprio come la madre fa spazio dentro di sé all'embrione. Se pensiamo al primo nutrimento ricevuto già nel ventre materno e poi al latte, liquido caldo, dolce che sgorga dal seno della madre, possiamo dire che è stata un’esperienza di godimento, di consolazione, di piacere, di rassicurazione, di benessere, di attaccamento con tutte le sensazioni ed emozioni corrispondenti. Nella medicina cinese lo yin è collegato al dolce, il salato è yang: se ho una predilezione per il dolce tendo a colmare un vuoto di madre, mentre se prediligo il salato ho un vuoto di padre, intese come figure genitoriali presenti o meno che si portano con sé una storia, un codice che passa attraverso le generazioni e conoscerlo può farci capire che rapporto abbiamo col cibo e con noi stessi.

Mi piace citare spesso i Veda perché contengono delle verità, una frase inerente al tema affrontato è “tutto è cibo”, ovvero tutto quello che arriva a noi in varie forme si trasforma in cibo. Ancora il termine Ahamannam, significa “io sono colui che è mangiato”; nella vita il mangiatore è anche colui che viene mangiato, l'atto del mangiare fa sì che la vita accada nel momento in cui qualcosa viene ingoiato, prima non c'è vita. Una mela è sul tavolo, si può decidere di mangiarla o meno, si può mettere un’intenzione nell'atto del mangiare perché la desideriamo, la troviamo seducente, vogliamo addentarla, immettiamo un significato, un’emozione e nel momento in cui decidiamo di mangiarla diventa viva.

Considerare, quindi, il cibo nelle dimensioni simbolica, fisica, emotiva, energetica, significa connettersi all'anima che non si tocca, che risiede nel senza-tempo, che segue leggi di significati, di informazioni, allora il cibo diventa una forma-cibo. Ogni alimento ha una propria frequenza e vibrazione che entra in risonanza con il DNA di colui che lo mangia. Il DNA è un’entità vibrazionale che si modifica sia nell'aspetto molecolare che in quello emozionale. Il cibo è, quindi, portatore di informazioni, di frequenze vibratorie e viene informatizzato con le intenzioni ed emozioni, continuamente.

Inoltre, se non consideriamo il piacere erotico presente nell'atto del mangiare, il cibo sarà vuoto. Le diete spesso non funzionano perché evocano l'assenza di godimento, una privazione inconscia che rende il cibo nemico dell’immagine corporea idealizzata spesso distorta e condizionata dai modelli mediatici di bellezza-magrezza. Si desidera piacere e piacersi, lecito, ma se il desiderio non è associato a una trasformazione interiore risulta vacuo, sterile, se non si trasforma l’interiore non muterà la forma fisica.

La via della consapevolezza e dell’amore per se stessi passa quindi, forse in maniera spesso inconsapevole, anche attraverso il cibo ed i suoi significati.

Una breve poesia di Khalil Gibran descrive l’alchimia della nutrizione:

E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore:
I tuoi semi vivranno nel mio corpo,
E i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore,
La loro fragranza sarà il mio respiro,
E insieme gioiremo in tutte le stagioni.